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2. A proposito di paura e di altri sentimenti

Napoli 7 e 8 maggio 2011 - weekend di incontro e di confronto

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    2. A proposito di paura e di altri sentimenti

    2.1 E’ vero che la paura è usata per bloccare le persone e le loro relazioni? Si può superare la paura, e se si, come?
    La discussione è partita da una frase contenuta nel primo intervento che, chiedendosi quanto noi, gente comune, possiamo influire sul cambiamento che potrebbe avvenire in seguito a questa crisi, poneva l’attenzione sull’elemento “paura” che viene sempre usato da chi comanda.

    Negli interventi che si sono succeduti e che hanno ripreso questo aspetto è stato sottolineato quanto questo sia uno dei tratti essenziali di questa società e come, anche quando si individuino delle strade da percorrere, la paura comunque rischia di bloccare le persone e le loro relazioni.

    E’ stato evidenziato come la paura nasca dall’insicurezza del futuro e dalla non conoscenza, e come venga usata dal potere per creare divisione, sensazione di solitudine, di impotenza e sfiducia nelle possibilità individuali e collettive di cambiamento (“Se non ci riesce un partito, il sindacato … cosa posso fare io o cosa possiamo fare in pochi?).

    In un intervento è stato detto che c’è davvero da avere paura delle prospettive che questo mondo sembra avere davanti: una crisi senza via d’uscita, un futuro sempre più incerto, la progressiva distruzione del pianeta … ma che forse ciò che realmente blocca, più che la paura in sé, è la difficoltà a capire cosa bisogna fare, come bisogna agire.

    Rispetto alla possibilità e alle modalità di superamento della paura è stato espresso il concetto che la cosa importante è non sentirsi soli, è capire che insieme si può sconfiggere la paura, e che quindi è necessario riconoscere, anche ammettendo specificità diverse, di appartenere alla stessa classe sociale, con la consapevolezza che tutti noi abbiamo gli stessi interessi particolari e generali da difendere e che si può vincere solo lottando tutti insieme.

    2.2 I sentimenti sono un aspetto fondamentale nella possibilità di riscatto individuale e collettivo?
    In alcuni interventi è stato affermato che, se per cambiare la società ci vuole la ragione, senza i sentimenti non c’è umanità.
    E’ stato ricordato come oggi, e in particolare i giovani, stiano riscoprendo i sentimenti e che questi sono fondamentali per creare una società diversa in quanto la solidarietà, l’empatia, lo stare insieme, partecipa alla creazione di unità.

    E quanto questo aspetto sia stato evidente nelle lotte del Nord Africa, in Spagna in Grecia e come gli episodi di solidarietà tra i manifestanti nello stesso paese e tra i diversi popoli in lotta ormai si stiano moltiplicando in tutto il pianeta, episodi che una volta raramente si vedevano.
    Un intervento ha tenuto a puntualizzare che è giusto parlare di solidarietà, ma che bisogna riferirsi alla “solidarietà di classe” perché, se si parla solo di sentimenti, questi ce li hanno anche i padroni.

    E’ stato risposto che la solidarietà appartiene alla natura dell’essere umano e che ora è principalmente una caratteristica della classe operaia.
    Si deve perciò fare riferimento ad una solidarietà che sia nell’interesse dell’umanità intera.

    Che i sentimenti rappresentino un aspetto fondamentale nella ricerca della possibilità di un cambiamento, lo ha dimostrato anche la discussione che nei due giorni ha visto così tante persone misurarsi con passione, determinazione e coinvolgimento umano e personale.

    Non tanto o non solo come confronto di idee o di “posizioni politiche”, quanto esprimendo tutto il proprio bisogno di rendere partecipi gli altri delle proprie emozioni e della propria necessità di sentirsi meno soli, sentimenti espressi sempre con l’atteggiamento di non prevaricare ma di misurarsi e confrontarsi per la necessità reale di comunicare.

    2.3 Conclusione
    Come già detto, questi sono soltanto alcuni degli elementi usciti dalla discussione, sicuramente quelli più dibattuti. Invitiamo tutti a proseguire sviluppando i quesiti inseriti nei due precedenti paragrafi:

    • E’ vero che la paura è usata per bloccare le persone e le loro relazioni? Si può superare la paura, e se si, come?
    • I sentimenti sono un aspetto fondamentale nella possibilità di riscatto individuale e collettivo?

     
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    mi piace l' importanza data ai sentimenti, è vero il marxismo è una scienza ma è importante anche l' animo
     
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  3. Eduardo20
     
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    Sono certamente d'accordo con Raes. Io che ho partecipato alla discussione del week-end ho trovato questo punto come uno dei più interessanti e stimolanti. Secondo me c'è molto da dire su questo, ma bisogna forse superare qualche blocco che è in noi. Infatti ci portiamo addosso, come nefasta eredità del periodo in cui era preminente l'ideologia stalinista, l'idea che i sentimenti siano solo una questione da piccolo borghesi, che la paura sia solo espressione di viltà. Invece dobbiamo disfarci di queste scorie del passato e riconoscere con tranquillità le nostre debolezze, le nostre passioni, in una parola la nostra natura umana. La stessa paura non è niente altro che un importantissimo istinto di sopravvivenza. Si ha paura non per codardia, ma perchè la paura fa comprendere l'entità del pericolo. Solo una presa di consapevolezza del pericolo può far misurare la risposta che si può dare ad una tale situazione. In qualche modo l'atto di coraggio che può venire fuori anche in persone non particolarmente predisposte a farne è talvolta figlio proprio della paura, nel senso che scaturisce come misura necessaria per evitare danni maggiori. E' in questo contesto che l'eroismo acquista il suo significato più proprio e nobile. Eduardo
     
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  4. alicems3
     
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    Sono pienamente d'accordo con Eduardo, ritengo che sentimento e ragione stiano tra loro in un rapporto dialettico, e che questa dinamica sia il fondamento di qualsiasi azione umana . Solo la socializzazione, il confronto con gli altri possono sviluppare quel sentimento necessario di solidarietà che dia forza a ciascuno....ma non è così facile!! Alice
     
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  5. polrpk
     
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    Concordo nel ritenere questi aspetti importanti, ma non tanto per quello che ci possono dare in più, quanto per le illusioni che un dibattito su questi aspetti è in grado di chiarire.

    I sentimenti sono un aspetto fondamentale nella possibilità di riscatto individuale e collettivo?
    Credo che siano un aspetto, ma non quello fondamentale. In ogni epoca storica ci sono sempre stati individui "avanti" rispetto alla media e alle condizioni sociali, con sentimenti molto nobili. Ma nonostante la loro abilità o volontà, nonostante i danni che possono essere stati in grado di infliggere ai potenti di turno, in un contesto di socializzazione così alto come da molti secoli viviamo, è impossibile un riscatto individuale senza un riscatto collettivo. Questo dev'essere un punto fermo: nessuno può sottrarsi alle regole e agli effetti della società. Nessuno, in nessuna occasione, neanche vivendo come eremita.

    Pertanto l'attenzione deve essere posta sulle opportunità di riscatto collettivo. E non credo che la partita si giochi sui sentimenti, anche se sono presenti e comunque svolgono un ruolo rilevante.
    Ogni azione umana (tanto più se importante e radicale come una rivoluzione) è mossa da sentimenti: tutte, anche le più stupide, anche le più razionali. Ma io penso che ciò che avviene nell'ambito individuale sia l'opposto di ciò che avviene in quello sociale: individualmente è il sentimento che da il via alle azioni a-sentimentali (il ricercatore studia senza sentimenti solo perché è mosso prima dal sentimento di desiderare la verità); collettivamente sono fattori a-sentimentali che permettono e fondano l'azione sentimentale (è un appuntamento in piazza che permette agli uomini presenti di tirare fuori il coraggio di scontrarsi con la polizia). Questo mio ragionamento è in qualche modo suffragato sia da alcuni fatti, sia dal pensiero di grandi studiosi.
    Riguardo alla guerra, Clausewitz sostiene che il genio guerriero (cioè quel complesso di sentimenti e skills del guerriero) è indispensabile e sempre presente nella guerra, ma una guerra non può basarsi su questo poiché la guerra è continuazione della politica con altri mezzi; cioè istituzione non sentimentale per eccellenza. Analizzando ulteriormente, la cosa è ancora più chiara: i tre livelli della guerra decrescenti per generalità e importanza (politica, strategia, tattica) contengono una quantità crescente di sentimenti. La politica fonda la guerra, ed è priva di sentimenti ma solo di calcoli. La strategia è studio sul modo di realizzare quella politica attraverso la guerra: è sempre molto razionale, ma già contiene un grado di sentimentalismo, quello bellico. La tattica è il modo di portare a realizzazione la strategia in un determinato contesto: è molto più sentimentale poiché la tattica è la direzione di un combattimento, come l'occhio di un cecchino dirige il fucile sul bersaglio prima di sparare. Ed è li, nel combattimento, che il genio guerriero ha il sopravvento. Il soldato non pensa, agisce mettendo in campo non intelligenza, ma sentimenti: coraggio, audacia, fermezza, professionalità, lealtà. l'unica azione di un soldato in battaglia è quella di sopravvivere lui stesso e di uccidere; non sa e non gli importa né della politica, né della strategia e né della tattica se non per quanto riguarda il suo compito. Tant'è che Clausewitz ritiene più importante l'intelligenza dei generali che la bravura dei soldati come combattenti, essendo secondo lui la guerra avvolta nella nebbia dell'incertezza dove solo l'intelligenza strategica può fare la differenza.

    Nel contesto sociale la direzione è dunque la seguente: condizioni materiali/leggi sociali -> opportunità -> battaglia (sentimenti). Sentimenti opportuni in una rivoluzione (quindi fermezza ma non spietatezza, solidarietà, coraggio, sete di giustizia, ecc.) permettono battaglie fruttuose per la causa rivoluzionaria, ma non sono queste virtù a dare il via alla rivoluzione né a permetterle di vincere.
     
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4 replies since 21/9/2011, 11:56   142 views
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