Napoli Oltre

Tentativi di andare oltre la propria vertenza?

BINARIO 24 - Assemblea autoconvocata in Stazione Centrale

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  1. Eduardo20
     
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  3. Eduardo20
     
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    Carissimi, spero che molti di voi abbiate guardato il video dell'assemblea fatta alla stazione di Milano che ho postato in questa pagina. Nel bene e nel male credo che la discussione che c'è stata in quella occasione ci possa aiutare a riflettere su quello che si muove nell'ambito della nostra classe. Per questo mi sono preso la briga di traslare i vari interventi orali in un testo scritto che adesso vi propongo. Sono convinto che una riflessione sulle questioni poste e la maniera in cui tali questioni sono state poste ci possa aiutare a comprendere qualcosa in più sulla dinamica attuale della lotta di classe in Italia. Mi scuso in anticipo con tutti, ed in particolare con i compagni di cui ho riprodotto gli interventi, se caso mai ho capito e dunque trascritto male qualche passaggio dei loro interventi. In tal caso basterà segnalare l'errore su questo forum perchè io possa fare immediatamente la correzione. Un saluto a tutti, Eduardo

    Note sull’Assemblea autoconvocata del 22 gennaio 2012 alla Stazione Centrale BINARIO 24


    Francesco: tre obiettivi. a) Mettere in collegamento tra di loro realtà di lavoratori colpiti con i licenziamenti perché le aziende chiudono o perché licenziati politici perché hanno osato alzare la testa contro le condizioni di lavoro; b) trovare una forma permanente di coordinamento e di collegamento; c) utilizzare scadenza sciopero 27 gennaio per dare risposta pubblica collettiva a quello che sta facendo il governo. Quello che sta succedendo nelle fabbriche è la conseguenza diretta delle misure del governo. Ciascuno isolato nel proprio posto di lavoro ha poche possibilità di resistere. Occorre collegarsi e unirsi. E in questo contesto esiste uno stato di polizia che impedisce di unirsi costringendo i lavoratori a vedersi in un sottopassaggio.

    Ferroviere: … viviamo sulla pelle l’arroganza del potere che ha deciso che questi treni che servivano al paese dovevano essere tolti senza nessun preavviso. Ho avuto modo in questo frangente purtroppo di vedere che realtà come la nostra qua a Milano ce ne sono decine e decine. Fabbriche di eccellenza. Sono andato ultimamente a trovare i lavoratori della Jabil in lotta. Sono rimasto esterrefatto a vedere così tanta professionalità, macchinari così all’avanguardia lasciati marcire lasciati andare solo per motivi di profitto. Proprietari che compravano la fabbrica, la rivendevano sulla pelle dei lavoratori guadagnandoci milioni di euro e lasciando i lavoratori in braghe di pera. E’ ora che questa situazione finisca. Ci vuole l’unità di tutti i lavoratori in lotta perché solo con l’unità potremo essere più forti e avanzare rivendicazioni che da soli non riusciamo ad avere come il nostro caso che sono 44 giorni che siamo lì e chi deve intervenire non interviene. Abbiamo avuto la solidarietà di tanta gente, di tante associazioni, ma un passetto un passo da chi deve intervenire ancora non l’abbiamo avuto. Aspetteranno forse una tragedia per intervenire visto che in Italia amiamo la tragedia e la tragedia è nata in Italia. Questi lavoratori veramente stanno offrendo il loro corpo nel senso fisico della parola per una causa nobile com’è la difesa del posto di lavoro ed è veramente una democrazia a metà, una democrazia che lascia tre persone appese a 30 metri di altezza al freddo e al gelo. C’è qualcosa che non va. Non é questa l’Italia per cui abbiamo lottato, per cui hanno lottato i nostri padri e i nostri nonni. Non è l’Italia delle banche, dei poteri forti ma quest’Italia che io vedo l’altra sì, i ragazzi meravigliosi che ci sono, i ragazzi meravigliosi che sono su quella torre ci danno la forza di continuare di andare avanti e di sperare in una soluzione positiva che ripeto solo con l’unità di tutti i lavoratori in lotta, di tutte le realtà come questa che a Milano ce ne sono decine potremo ottenere qualcosa. Hanno cercato in tutti i modi firmando un accordo carta straccia alla Regione Lombardia (che pur apprezziamo l’intervento della Regione Lombardia) ma è stata una tattica solo per dividere il fronte dei lavoratori per creare un poco di fumo negli occhi ma quell’accordo regionale è un accordo che non vale niente, è un accordo fasullo. Noi vogliamo una trattativa nazionale, una trattativa che si debba aprire al più presto perché veramente è una realtà molto difficile e inquietante quella che lascia tre persone, adesso due (…) è una cosa indecente che ancora non si sia aperto un tavolo di trattativa nazionale. Spero che chi debba prendere questa iniziativa la prenda al più presto perché non è possibile che un servizio come quello che davamo noi, noi non siamo una fabbrica non facciamo prodotti ma offriamo servizi e questo servizio era utile come l’acqua, il fuoco, i treni notte era una cosa che serviva il paese, serviva la gente normale, serviva tutti e che abbiano tolto questo servizio solo per una guerra commerciale per il profitto tra Montezemolo e Moretti è una cosa disgustosa, è una cosa indegna e non è di una nazione democratica che si fonda sul lavoro. Qui giorno dopo giorno ci stanno smantellando tutto lo stato sociale per cui abbiamo combattuto 100 anni. Ce lo stanno togliendo granello dopo granello nell’indifferenza più totale. Se non ci foste qua voi lavoratori che venite a portarci solidarietà e che ci fa molto piacere la situazione veramente sarebbe tragica. Noi non sappiamo che altro fare perché oltre che a mettere proprio in gioco la vita fisica di questi 3 ragazzi non possiamo fare più nulla. Noi siamo là, in un angolino, pacifici, non violenti. Ma a quanto pare questo non basta. Probabilmente dovremo cambiare questi metodi di lotta perché così non danno molto risultati. Ci sono delle categorie che in tre giorni hanno fatto un po’ di casino sono stati ricevuti al tavolo ministeriale. Noi che siamo 44 giorni che non diamo fastidio a nessuno che siamo là pacifici, una lotta non violenta, non ci riceve nessuno. Probabilmente in Italia funziona così: che più fai casino, più fai l’arrogante, più vieni ricevuto. Dovremo probabilmente adeguarci e vedremo cosa potremo fare nei prossimi giorni. Nei prossimi giorni che non sono da qui a 10 giorni o 15 giorni, nei prossimi giorni è un brevissimo lasso di tempo perché quei ragazzi veramente stanno offrendo la loro vita per una causa nobilissima che è quella del lavoro.

    Peruviano (SI Cobas):

    Stefano/MAF: ciao a tutti. Io sono Stefano, un operaio in cassa integrazione di un’azienda, la MAF, di Trezzano sul Naviglio che si è vista nel territorio milanese soprattutto nel 2010 con 10 mesi di occupazione della fabbrica, varie manifestazioni alla Regione, picchetti, consolato tedesco, ecc. Non voglio annoiarvi con la storia perché è uguale a quella di tante vertenze che ancora oggi sono sul territorio. Come diceva molto meglio di me Luis il rischio è che le vertenze, le singole vertenze si smontino su loro stesse. Se non c’è un obiettivo reale, comunque l’idea di fare di quella vertenza uno strumento per rivendicare tutto quello che oggi ormai possiamo dire di non avere più o quasi. Ogni vertenza è destinata a morire. Non abbiamo singolarmente la forza, 50, 100 persone, 500 persone, non hanno la forza di ribaltare chi sa quale situazione se non spostare minimamente la propria singola vertenza. Allora se vogliamo l’unità dei lavoratori non possiamo dire unità dei lavoratori ma con quelli no, con quelli no e con quelli no e con quegli altri no perché quelli pensano una cosa e quelli pensano un’altra. L’unità dei lavoratori va fatta sul fatto che siamo tutti lavoratori, a prescindere dalla propria tessera sindacale, dal proprio partito, dalla propria categoria. Io credo che il tempo di fare riunioni sia anche un po’ finito. E siamo anche un po’ tutti stanchi di farle. Cerchiamo di farne sempre meno e di passare subito all’azione. Grazie.

    II parte

    Elio/Centro Sociale Vittoria: sono Elio, sono un lavoratore di una piccola azienda ma per mia fortuna e grande orgoglio sono anche un militante politico. Perché molte volte sembra che la politica, il darsi una prospettiva di trasformazione della società sia qualcosa che vada fuori delle porte se non rompe in … Invece io rivendico il fatto di essere un militante politico, sono di quei compagni del Centro Sociale Vittoria che si stanno a spaccar la vita a Pioltello davanti a quei cancelli assieme ai lavoratori dell’Esselunga. Auspichiamo che siano 10, 100, 1000, milioni di compagni che facciano questa scelta politica. Basta dogmatismi, parametrarsi sul reale, sulle lotte, perché là si costruisce la possibilità giorno per giorno di cambiare il mondo. Abbiamo un problema. Noi di assemblee come questa negli ultimi 4 o 5 anni, da quando è cominciata la crisi, ne abbiamo fatte 10, 20, 30, 40. Il problema è proprio quello, compagni. Uscire da questa logica perché se i lavoratori si muovono sulla logica di comunicazione delle proprie debolezze o comunicazione delle proprie difficoltà, noi non faremo mai un passo in avanti. La proposta non è compagni, magari, tirare fuori il sogno del cassetto, la rivoluzione comunista proletaria, sarebbe un’imbecillità a dirlo, ma vuol dire che l’unità dei lavoratori o si costruisce con dei parametri, dei paletti chiari, netti, precisi: autorganizzazione, identità e nessuna forma di subordinazione a quello che è oggi il potere, le istituzioni locali e anche quelle che sono le forme sindacali. Perché oggi compagni è successo, mi dispiace, poiché oggi per me, per noi non è la solita assemblea in cui lanciamo il proclama ma qualcosa di reale, oggi compagni è successo qualcosa di brutto, di assolutamente brutto su cui mi piacerebbe andassimo a fondo. Il brutto ogni volta, le critiche si superano, i problemi tecnici si superano, nessun problema. Ma fin quando tra compagni e lavoratori non ci si parla chiaro, diventa sempre tutto difficile, ricade nel rimosso e ricadiamo continuamente nella genericità. Oggi è stata indetta un’assemblea apposta per mettere insieme le realtà più avanzate di lotta con quella che è tutta la diffusione territoriale delle lotte in questa fase nell’area metropolitana milanese. Su alla torre, con tutti i problemi che può presentare la torre dal punto dei suoi limiti oggettivi, purtroppo di un’involuzione adesso i compagni siamo assolutamente contenti che si arrivi a decidere che bisogna oltre, altrimenti rimaniamo sulla forma dell’autolesionismo aspettando che qualcuno ancora una volta ci venga a dire “grazie, ti porto solidarietà, aspettiamo che quel porco …, che qualcuno …, basta denunce, che qualcuno decida che ti può venire incontro, che qualcuno ti può concedere, aspettiamo un tavolo. Ma noi da questi cazzo di tavolo cosa ci aspettiamo se partiamo da condizioni di subordinazione. Da questi cazzo di tavolo in che maniera pensiamo di acquisire il nostro diritto, i nostri bisogni, la nostra capacità di immaginarci un futuro diverso. In nessuna parte. Allora i tavoli servono, il sindacalismo di base serve, ma serve all’interno di un paletto di lotte e autorganizzazione. Ieri la CGIL, visto che nessuno lo dice, ha fatto un comunicato ufficiale dicendo che questa assemblea oggettivamente si contrapponeva al percorso che stanno facendo i lavoratori, che dice che il sindacato di base, che in questo particolare caso è il SI Cobas, vuole cappellare e strumentalizzare politicamente queste lotte. Allora queste cose ce le vogliamo dire? Gli stessi lavoratori, per paura siamo dovuti andar via da sotto la torre, ci siamo spostati là a perdere mezz’ora davanti, adesso grazie a Dio abbiamo ottenuto questo. Compagni, questa non è polemica, non ci interessa, tra compagni e lavoratori pragmatici si parla chiaro. Fin quando quello sarà il terreno noi avanti non andremo più. Non si potrà andare avanti. L’unità va bene, ma l’unità si pone delle prospettive, delle prospettive di ragionamento che non è il dogma, delle prospettive reali di confronto tra lavoratori, compagni. Allora Pioltello, perché abbiam deciso che Luis …, perché abbiamo deciso insieme, perché i lavoratori parlano come si parla e si decide insieme. Perché non si inchioda su un cancello facendo lo sciopero della fame? Perché è autolesionismo. Avere 4 televisioni in più, qualche giornalista in più, qualche pezzo di merda come quello schifoso di, come si chiama quel lurido pagato da Berlusconi per sostenere il suo governo, venga qui a portare solidarietà, è questo che vogliamo? E’ questa la nostra ricerca politica di prospettive? Ma la politica vuol dire solo armarsi di strumenti di ragionamento per cambiare il mondo perché se non riusciamo a dare questa via, questo imput alle nostre lotte noi saremo qua, noi saremo a Pioltello, qualcuno di là, qualcuno rincorre intanto le telecamere perché sai il pietismo dei lavoratori fa comodo e invece basta con il pietismo, basta lavoratori che soffrono, cazzo, per andare sui giornali, o a striscia la notizia o qualche altra merda di Berlusconi. Basta. Quella è protesta. La protesta non vince mai. E’ la lotta che vince. Difficile, scontro quotidiano, gran rottura di palle, tante denunce, legnate dalla polizia, ma è la lotta la prospettiva. Con intelligenza e la nostra capacità di capire che bisogna costruire un futuro e resistere per andare avanti. Ma basta, l’autolesionismo non paga più. Aspettare che un elicottero ti salvi perché muori sulla torre, col massimo di rispetto, compagni, le cose van dette, col massimo di rispetto, aspettare che un dottore, Gino Strada, venga a salvarti, in che maniera costruisci lotta, in che maniera dai la prospettiva dell’unità dei lavoratori. Autorganizzazione, ma autonomia. Autonomia di percorso, cazzo. Quello che è successo oggi è una cosa brutta, ma brutta brutta, che rompe l’unità. Poi siamo contenti tutti che oggi ci sia una spinta, uno stimolo. Però compagni usciamo dal pietismo, se no ognuno si racconta i problemi che tutti quanti abbiamo nelle fabbriche, ma da cui non si esce. Invece da questa assemblea deve uscire una proposta di mobilitazione, difficile, minoritaria, uno strappo che sicuramente faremo rispetto alla città di Milano, ma questi problemi esistono perché esiste una crisi strutturale del capitalismo e oggi noi nell’area metropolitana milanese come area postindustriale la stiam pagando molto più probabilmente che altrove dal punto di vista della disoccupazione. Qual è la risposta? Ci prendiamo una torre di Milano a testa e siamo lì a vita, a morire come dei topi? No compagni. Si scende in piazza, insieme, portando la protesta in piazza, dando segnali di vita politica, vivacità politica, perché col pietismo basta, ancora molti di noi sono convinti che passerà la bufera, ci mettiamo sotto una coperta, passerà la crisi e sopravviveremo in qualche maniera. Arriverà la Camusso a stringerci la mano: “povero lavoratore che stai morendo di fame. Vieni, stai con me, stai con il sindacato che vinceremo.” Si sono già venduti i contratti nazionali. Noi nelle cooperative la CGIL è sempre la controparte. Diciamolo, la CGIL chiama i lavoratori a Pioltello uno per uno, se li porta nella sede della cooperativa per vendergli le mutande, per dirgli magari prendi un poco di buonuscita, cingoli mandiamo dopo Piacenza, e questo vuol dire PD, sindaco di Pioltello, tutti. E’ una lotta difficile, ma i lavoratori son qua, ma è sacrificio. Tutte le sere siamo lì a costruire il percorso. Domenica sera abbiamo fatto un blocco, gli abbiamo bloccato tutto, non c’era la televisione, ma non ce ne frega nulla che ci sia la televisione, sappiamo che questo percorso politico è un’indicazione. Allora 10, 100, 1000 compagni che vadano a solidarizzare, ma danno una prospettiva, senza strappi. Oggi finalmente abbiamo un incontro che magari è più politico dell’altra volta con i nostri compagni delle ferrovie dello Stato, ma che questo serva, che certi cordoni ombelicali, compagni, o si tagliano o se no saremo sempre vinti. Un giorno la protesta, … ma possiamo bruciare la fascia di muretti tutti i treni ma non cambia un cazzo lo stesso, per rimare un pietismo pietismo o un pietismo un po’ più radicale. I segnali van dati di unità dei lavoratori. Il 27 c’è questo sciopero generale. Lo sappiam benissimo. I compagni che ci conoscono, siamo sempre i primi che fanno comunicati dicendo sono gli sciopericchi del sindacalismo di base. Voglio essere chiaro, senza offesa e massimo rispetto per tutti. Perché non è effettivamente uno sciopero generale. Siamo riusciti forse 7-8 anni fa a farne uno grandissimo con 40.000 lavoratori; oggi forse, per derive, per paure, per soggettivismo (questa parola che si può usare ogni tanto, la gente capisce cosa vogliamo dire), per dogmatismo, per paura, per paura che la CGIL ti abbandoni allora perdi il contatto con il treno del tavolo quando sai che a quel tavolo ti andranno a vendere il culo, quel tavolo vi andranno a vendere, decideranno che un tot rimarranno e un tot andranno a fare la mobilità, la cassa integrazione per anni e anni e anni. Parliamo di diritti del cittadino, o meglio scusate, diciamo lavoratori precari perché cittadini come dicono loro sono quelli che si possono pagare le centinaia di euro per pagarsi il biglietto. I lavoratori non possono. Allora il 27 che c’è questa piazza a Milano, abbiamo fatto un’indizione insieme a tutti i lavoratori della lotta di fabbrica, ci piacerebbe che da questa assemblea uscisse il fatto che in maniera unitaria, tutti insieme, diciamo il 27 tutti in piazza alle 9,30 in S. Babila, se siamo tanti un corteo, se no un presidio; porteremo la protesta sotto la prefettura perché è lì, è lì che parte tutta questa roba. Non è solo uno sciopero generale, è la prima manifestazione a Milano politico-sindacale, vertenziale, ognuno ci metta la sui località, la sua specificità, ma là insieme, questa è l’unità. Ma su qualcosa che pone paletti, altrimenti, compagni, andiamo anche in parrocchia a chiedere che i preti ci diano una mano. Ci andiamo. Ma, cazzo, diamoci delle prospettive che sono nostre, nostre come classe. Questa crisi ha dimostrato una volta per tutte, se per caso ci abbiamo qualche dubbio, che ci sono interessi inconciliabili tra il lavoro e il capitale, questo è il problema. Ci poniamo in un’ottica di porre un punto di vista anticapitalista a questa crisi o saremo sempre ad aspettare che arrivi il sindacalista di turno che dice “bravo, ragazzo, stai soffrendo, sono dalla parte tua. Ho finito. Scusate, compagni.

    Francesco: questa assemblea è indetta da una serie di realtà di lotta di cui noi come sindacato siamo parte integrante. Ritengo anche di sottolineare che 30 licenziati all’Esselunga sono nostri, quindici alla Papavero sono nostri, altri 5 o 6 alla cooperativa lavoratori orto mercato. Quindi non abbiamo niente da dimostrare a nessuno su quello che facciamo né andiamo ad appoggiare bandierine a destra o sinistra. Ma proprio partendo dall’esperienza diretta che fanno i lavoratori organizzati al nostro interno ci poniamo non solo di solidarizzare con i lavoratori che ci sono qua fuori e che con noi hanno deciso di fare questa assemblea, e voglio sapere chi ha detto di no poi che non era una decisione comune ma una decisione del sindacato che si mette sopra. E voglio sapere, che io ho rispetto per chi fa le lotte indipendentemente da che sigla ha, ma non ho rispetto per chi all’interno della CGIL e della FILT-CGIL mi sta con l’Esselunga e dice che è giusto licenziare i lavoratori che sono iscritti al SICoas e in qualche altra occasione. E su questo, quando si parla di lotte, chiedo un pronunciamento anche a chi ha firmato quel comunicato, se è giusto o no che siano licenziati quelli che hanno scioperato se in Italia c’è il diritto di sciopero. Ma a parte queste cose che fanno incazzare, il ragionamento che parte, da cui si è cominciato a dire all’interno di quel presidio a Pioltello nelle altre cose è che isolati in questi posti la prendiamo in culo tutti. E’ questa cosa che bisogna iniziare a dire, che di fronte a questa crisi a questa situazione è finito il momento di andare a chiedere la carità, di protestare, bisogna lottare. E’ finito il momento di andare con il cappello in mano a chiedere. Qualunque cosa perché qualunque cosa noi otteniamo la otterremo se cambiamo i rapporti di forza, se iniziamo a collegarci come lavoratori, se iniziamo a lottare, se iniziamo a darci da fare, se comprendiamo che di fronte alla crisi questo governo, sia di centro-destra o di centro-sinistra, esce fondamentalmente in un modo solo, attaccando il costo del lavoro, cioè riducendoci i salari, levandoci le pensioni, facendo precarietà per tutti. O ce ne rendiamo conto o quante altre bastonate dobbiamo prendere sui denti per capire questo. Il padrone non è cattivo, è un figlio di puttana. Ma è un figlio di puttana perché in questa economia non può fare altro. Non può fare che questo. O noi gli imponiamo i nostri interessi, la difesa, se noi gli imponiamo che nessuno deve essere licenziato, che al disoccupato sia pagato il salario integrale come qualunque lavoratore o non ne veniamo fuori se ci illudiamo di tutta una serie di altre cose. La prendiamo in culo come sta avvenendo! Ci sono una serie di lotte che sono esemplari, che devono avere il massimo rispetto, la massima solidarietà, politica ed economica, perché sulle torri e a Pioltello e da altre parti non si sta a gratis senza lavoro. Senza lavoro devi trovartene un altro e il padrone ha ragione. Ma non basta questo. O ci colleghiamo, ci unifichiamo, o facciamo sì che ci siano dei momenti comuni non per lamentarci di quello che ci succede ma per organizzare la protesta, la lotta, per organizzare la ripresa dei lavoratori, per dire: “di questa crisi non me ne frega un cazzo. Io non voglio essere licenziato! Di questa precarietà non me ne frega un cazzo che dovete fare i profitti! Non voglio lavorare con un salario da 600 euro al mese!”. E’ questo il discorso. “Il mio rapporto di lavoro deve essere stabile. Non devo essere ricattato con il permesso di soggiorno perché sono un lavoratore immigrato, non devo essere ricattato perché sono un lavoratore italiano e se lo pigliano gli immigrati, l’unità di classe è questa ed è su questo che dobbiamo muoverci. E la proposta è chiara, e non è la pensata del SICobas ma è una cosa contro cui stiamo sbattendo tutti la testa. O queste realtà di lotte che iniziano ad essere tante, che sono di resistenza, si mettono assieme, iniziano a discutere per avere obiettivi comuni, si danno una rete di collegamento permanente che va oltre le scadenze, che va oltre la contingenza, si iniziano a collegare i lavoratori tra di loro e si fanno delle azioni comuni o siamo sconfitti e presi ciascuno in ogni singolo posto. E la prima proposta che facciamo e che ci sentiamo di dire perché esce dalle discussioni che stanno facendo: c’è questa giornata del 27, è uno sciopero con tutti i limiti, noi siamo tra i promotori e abbiamo scritto pubblicamente che cosa ne pensiamo da anni di questi scioperi. Ma c’è questa occasione: è indetto nei trasporti, è indetto in tutte le categorie. Utilizziamolo. Facciamo un presidio permanente assemblea in piazza S. Babila il 27. Ma deve uscire la volontà la decisione dai posti di lavoro che oggi ci sono qui, che hanno promosso l’assemblea. Dobbiamo dire ci siamo tutti e da lì partiamo per andare avanti, perché non ci interessa la scadenza del 27 in sé non ci interessa piantare la bandierina per far vedere che c’è anche lo sciopero a Milano. Ci interessa che da quella occasione i lavoratori escano in piazza, inizino a lottare, si colleghino e lo chiudo qui quello che voglio dire. Ho sentito, ieri sera o stamattina non ricordo, Bersani dire che il PD è “senza se e senza ma” a favore del governo Monti, io penso che i lavoratori devono essere necessariamente“senza se e senza ma” contro il governo Monti, perché se no pagheranno caro e pagheranno tutto.

    Operaio della Marcegaglia: Sono un operaio della Marcegaglia. Penso che tantissime cose sono state dette ed è inutile che ci stiamo a ripetere. E’ vero come ha detto Elio che di assemblee ne facciamo spesso di assemblee, ne abbiamo fatte tante, forse ne abbiamo fatte anche poche però, nel senso che il problema delle assemblee che facciamo è che spesso ci diamo degli intenti però non li andiamo a concretizzare. Il secondo problema che ci hanno le assemblee che facciamo negli ultimi periodi, perché spesso abbiamo cercato di mettere assieme realtà di lotta, come diceva anche prima Stefano della Maflow, è che no n riusciamo a dare una stabilità a questi momenti di comunicazione e di organizzazione comune della lotta. Il fatto che i lavoratori siano uniti passa attraverso la loro capacità, a prescindere dall’organizzazione sindacale di appartenenza, di dotarsi di una piattaforma comune, perché non basta soltanto sostenersi reciprocamente questa o quella vertenza che spesso – dobbiamo stare attenti noi quando ne parliamo e quando le trattiamo. Nelle vertenze, i problemi che ammettono i sindacati, nelle vertenze, dove i lavoratori da anni sono disabituati a decidere ma hanno spesso delegato le organizzazioni sindacali perché così hanno voluto sia le stesse organizzazioni sindacali sia le stesse organizzazioni politiche che ci rappresentavano ma sia tutte quelle organizzazioni di compagni, gruppi di compagni ecc. che negli ultimi anni si sono staccati dai lavoratori e hanno lasciato in un certo senso che questa roba avvenisse. Qui dobbiamo stare attenti perché le dinamiche che ci sono nelle vertenze specifiche sono molto difficili e oggi è molto difficile che si conquisti l’autonomia dei lavoratori. Dobbiamo farlo con estrema delicatezza. Allora noi intanto dobbiamo stabilire qui se è possibile, se ci sono dei tratti comuni e mi sembra che l’abbiamo detto che ci sono dei tratti comuni tra tutte le vertenze, se abbiamo degli obiettivi comuni, il governo Monti, che sia esso Monti e prima poteva essere quello Berlusconi, e domani potrà essere un governo Bersani o Montezemolo, non lo sappiamo, questo governo rappresenta una serie di iniziative legislative, di azioni che sono rivolte anche e soprattutto a togliere la possibilità alle lotte dei lavoratori di poter essere vincenti. Guardate che stanno cancellando la possibilità di fare dei tavoli di trattativa. Stanno cancellando la possibilità che siano delle rappresentanze istituzionali dentro le aziende del sindacato dei lavoratori. Quindi stanno ribaltando completamente quelli che sono i rapporti in azienda, e quindi di conseguenza sono loro prima di tutto il nemico comune nostro e quello che sta incarnando gli interessi di tutti i padroni, che siano pubblici, privati, che siano quelli dei vagons-lits o dell’Esselunga, Caprotti, o che sia Marcegaglia stessa. Incarnano gli interessi di tutti i padroni e quindi questo governo è quello che sta lavorando per farci perdere a tutti quanti le vertenze che stiamo mettendo in atto. Farci perdere salario, farci perdere i diritti che già non ce ne stanno più, però quei pochi che sono rimasti ce li vogliono completamente togliere di mezzo. Quindi, come dire, un obiettivo comune ce l’abbiamo. Una piattaforma comune ce la possiamo avere, io dico di si, perché noi in una piattaforma comune possiamo dire che siamo contro i licenziamenti, possiamo dire che siamo contro i licenziamenti per ragioni economiche, per ragioni politiche, per ragioni sindacali, per qualunque ragione noi siamo contro i licenziamenti. Possiamo dire che se il padrone non ce la fa come va raccontando in giro, invece di buttare la gente in mezzo alla strada usi la classe integrazione che son sempre soldi nostri, riduce l’orario a tutti e ci fa lavorare tutti quanti. Perché a me non mi sembra che ci sono padroni in giro che sono scappati fuori dell’azienda in mutande che veramente non c’hanno più una lira. Mi sembra che ci sono padroni in giro che hanno il conto in Svizzera, ce l’hanno alle Seychelle, ce l’hanno chi sa dove cazzo ce l’hanno e quindi il problema non è che non hanno soldi ma è che non ne hanno abbastanza quanti ne vorrebbero. Possiamo dire queste cose qua. Si, possiamo dire che non vogliamo più licenziamenti. Possiamo dire che siamo contro la precarietà, che il lavoro precario è stato lo strumento ed è lo strumento, il lavoro oggi soprattutto delle cooperative, è lo strumento attraverso il quale vogliono lanciare la nuova frontiera del lavoro nel nostro paese. Badate bene che in Italia tutto quello che sta facendo Monti, tutte ‘ste stronzate le liberalizzazioni, l’articolo 18, e questo quello e quell’altro, che riguardano principalmente i lavoratori, significa che ci vogliono far lavorare come lavorano le cooperative dell’Esselunga di Pioltello, come lavorano nelle cooperative della pulizia, qui, nelle ferrovie, come lavorano i lavoratori di nuovo schiavizzati, dal salario bassissimo, questa è la prospettiva che ci vogliono dare. Per questo motivo noi dobbiamo essere tutti quanti contro quel modo di lavorare perché noi vogliamo lavorare in maniera dignitosa, avere un salario che ci dà la possibilità di poter sopravvivere in maniera dignitosa e non vogliamo più che, come dire, che ci siano padroni che decidono invece che dobbiamo arrivare alla fame. Ci sta un minimo comune denominatore per tutti. Noi sulla base di quello dobbiamo metterci insieme. Sapendo che ci sono le differenze, sapendo che i lavoratori, noi tutti lavoratori oggi abbiamo dei grossi limiti perché non siamo stati capaci per 30 anni di essere autonomi. Abbiamo delegato. Possiamo dire che siamo tutti d’accordo che dobbiamo dire basta alla delega. Non deleghiamo più a nessuno la difesa dei nostri interessi.

    fonte:
    www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=aj_7cRXynRs
    www.youtube.com/watch?v=R8RFmN8PZ_s&feature=player_embedded
     
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  4. polrpk
     
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    Grazie per la trascrizione, ascoltare il pensiero dei lavoratori è sempre la cosa più utile per non cadere nell'avanguardismo e nell'attivismo spicciolo. I comunisti non possono non fare i conti con la classe alla quale appartengono.

    Da quello che ho potuto capire, però, mi verrebbe da rispondere alla tua domanda "tentativi di andare oltre la propria vertenza?" in modo negativo. Questo genere di cose sono sempre state dette, almeno dagli operai più onesti. Negli anni '70 strappare e bruciare tessere del sindacato era cosa non tanto rara tra le parti meno lobotomizzate della classe operaia.

    Che il sindacato sia venduto al capitale, ormai lo hanno capito tutti; persino mia madre, la persona meno politicizzata di questa terra. Che "ci voglia l'unità dei lavoratori", anche questa è cosa importante ma ormai ultra-consolidata, facendo parte della storia del movimento operaio almeno dall'inizio del 1900.

    Negli interventi ho notato un certo spirito riformista, a tratti persino reazionario (la difesa a oltranza del posto di lavoro salariato, invece che comprendere i motivi dell'agire padronale e lottare per la sua abolizione). In soldoni, manca il partito rivoluzionario, l'intervento dei comunisti, che nessun gruppo di militanti voloteroso può costruire. Ma la classe sta già lavorando per costruire questa organizzazione, che è sua emanazione, anche se faticosamente e tra mille insidie.

    Senza il cretinismo parlamenare di millemila assemblee, che già questi operai (che, giustamente, cercano la pragmaticità e non le chiacchere) riconoscono come inutili e noiose, da Oakland e dalle parti più calde del mondo cominciano i tentativi di organizzare una risposta pericolosa. Possiamo dire che la forma di risposta "alla soviet", cioè sostanzialmente di contropotere, è la più classica e tipica del proletariato; e forse anche necessaria, almeno inizialmente.

    Ma l'emergere del partito rivoluzionario non è prescindibile, altrimenti questi organismi di lotta rischiano di disperdere la loro lotta in azioni improducenti.

    La cosa più interessante è che la storia agisce sempre prescindendo dalle idee dominanti (che attecchiscono eccome anche il proletariato) , che sono sempre quelle della classe dominante; non c'è via d'uscita per il capitale, per quanta propaganda possano fare.
    L'identificazione del nemico numero uno nelle banche e nella finanza, se a prima vista può sembrare qualcosa di populista, in realtà è "la storia che sta lavorando per noi", è l'attacco diretto al capitale più di quanto si sia mai fatto attaccando gli imprenditori. Oggi gli agenti del capitale sono le banche, le aziende sono mandate avanti da manager; completa separazione tra proprietà e produzione, completo capolinea del sistema capitalistico. Le banche, cioè il Capitale, appare a TUTTI per quello che è: sfruttamento, usurpazione, estorsione di ricchezza.

    I comunisti debbono gioire di questo: se nei primi del 900 la soluzione appariva colpire i padroni (con tutte le multitudini di problemi e posizioni), oggi è sufficiente colpire questi luoghi del capitale estremamente centralizzati, che CHIUNQUE considera nemici mortali, che NESSUNO può giustificare l'esistenza in termini di utilità e indispensabilità.

    La legge della caduta del saggio del profitto, causa prima e fondamentale della centralizzazione del capitale, è dalla nostra parte trasformando la società sulla base di quello che è il capitale odierno: tutto è alta composizione, tutto è tecnologico, tutto è come le tigri di carta: perfette e invincibili all'apparenza, fragili come carta se costrette ad affrontare situazioni inedite.

    I nemici si riducono in numero e si fanno più spavaldi e cattivi: se finché sei schiavo ciò è brutta cosa, la cosa cambia quando si tratta di farli secchi. Eliminarne 100 è molto più facile che eliminarne centinaia di migliaia.
     
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  5. Eduardo20
     
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    Grazie, Daniele, della tua pronta risposta. Purtroppo non riesco neanche a leggerla perchè devo scappare a fare un'altra cosa. Mi preme però chiederti di postare qualcosa sulla manifestazione di Bologna dell'altro giorno. Ci puoi raccontare, in un'altra pagina naturalmente, quello che è accaduto? Grazie e a presto. Un abbraccio, Eduardo
     
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  6. polrpk
     
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    CITAZIONE (Eduardo20 @ 2/2/2012, 17:57) 
    Grazie, Daniele, della tua pronta risposta. Purtroppo non riesco neanche a leggerla perchè devo scappare a fare un'altra cosa. Mi preme però chiederti di postare qualcosa sulla manifestazione di Bologna dell'altro giorno. Ci puoi raccontare, in un'altra pagina naturalmente, quello che è accaduto? Grazie e a presto. Un abbraccio, Eduardo

    Ti rispondo direttamente qua per il motivo che non sono andato alla manifestazione. Da fonti di informazione attendibili (ad esempio infoaut.org) so che semplicemente la polizia ha risposto con una carica a un tentativo di avvicinarsi troppo alla zona rossa. Ma non è successo niente a causa della manifestazione in se.
    La cosa più interessante è che, nonostante l'apparente inoffensività della manifestazione, Napolitano una risposta da Bologna l'ha avuta lo stesso: l'indifferenza.

    Ho deciso di non partecipare a questa manifestazione per scelta: penso che la fase della manifestazione e contestazione "permanente" il movimento l'abbia già superata, è ora di passare a una nuova fase. E' da Genova che il movimento ha intrapreso timidamente questa strada, arrivando in alto con l'Onda e all'apogeo massimo con l'autunno studentesco del 2010. Il 14 dicembre 2010 ha rappresentato la fine della contestazione e il giorno dopo il quale a chiunque DEVE essere chiaro che gli spazi di contestazione del sistema presente sono finiti, i palazzi e i governi del capitale definitivamente separati dalla società in fermento.

    Ma quel giorno, morto un sistema, ne è nato uno nuovo: il tumulto. Non è un caso se dalla fine del 2010 le parole d'ordine non sono più "contestare, respingere" ma "collera" (ricordate i "venerdì della collera" delle rivolte arabe?), aggressione, offensiva, occupare. La Roma del 15 ottobre 2011 è stata un episodio più maturo e generalizzato di quell'embrione del 14 dicembre dell'anno prima: l'offensiva. Anche se fu la polizia ad attaccare per prima, in realtà tutti erano preparati e tutti volevano lo scontro. In modo confuso e improduttivo, e anche se sembrerebbe il contrario, ma le regole del gioco le ha dettate la massa di "incazzati".

    Gli indignati spagnoli, in tutto il loro utopismo senza fine, hanno mosso l'offensiva dell'organizzazione politica non troppo dissimile dal soviet. Gli eventi di Oakland, con una classe operaia che sta pericolosamente presentandosi come classe nelle lotte, sono la tappa di maturazione più recente di questa fase di tumulto: gli operai di Oakland non contestano, ma occupano, scioperano, bloccano, tentano di ferire il sistema. I proletari d'Egitto e del mondo arabo non manifestano, assaltano le forze statali.

    Oramai anche la parola "indignato" sta per essere ovunque sostituita con "incazzato". Pertanto prendersi delle manganellate e far decapitare il movimento (che è tutt'altro che forte in questo momento) dei suoi elementi più combattivi per "contestare" una grottesca autocelebrazione della borghesia italiana... è infantile e assolutamente non rivoluzionario. Non c'è più nulla da contestare: c'è solo da abolire lo stato di cose presenti.

    Questa fase del tumulto non sarà quella decisiva, ma ora dobbiamo adeguarci e cercare di "portare le masse al livello del partito" (per dirla in termini bordighisti), che rappresenta appunto questa fase. Se la lotta sindacale è morta e sepolta da decenni, la lotta di contestazione è stata dichiarata morta cerebralmente.

    E' morta la contestazione; viva il tumulto! Viva l'offensiva!
     
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    è vero è l' ora di fare un salto di qualità, altrimenti la gente prima o poi si stanca e torna nella passività. p.s. spero perdonerete il termine gente
     
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6 replies since 25/1/2012, 20:50   158 views
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