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5. Come reagire?

Napoli 7 e 8 maggio 2011 - weekend di incontro e di confronto

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  1. stefanot
     
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    5. Come reagire?

    5.1 C’è speranza di una reazione?
    Se è questo sistema che non riesce a dare più di che sopravvivere e non dà prospettive, se sono sempre di più i settori di popolazione che soffrono per questa crisi, ci sono spiragli, ci sono risposte della “gente comune” che indichino una voglia e una speranza di cambiamento, o la paura e la disillusione nata dal fallimento di lotte passate impediscono una reazione?

    Nell’intervento introduttivo dell’incontro è stato detto: “Sono anni che veniamo martellati da stampa, televisioni, libri, discorsi di politici, sindacalisti, opinionisti che affermano che questo è il miglior sistema esistente, da esportare ovunque, certo da migliorare, rendere più “efficiente”, più “giusto, perché è pur sempre l’unico sistema veramente “democratico” E’ stata effettuata un’opera sistematica di demolizione scientifica della possibilità di una qualsivoglia alternativa, creando nelle persone una sensazione di ansia e di mancanza di prospettive”.

    A partire da queste considerazioni, e da un intervento che chiedeva di analizzare la direzione in cui vanno le tante lotte e proteste cui si è fatto riferimento, un primo contributo ha suggerito di non limitarsi ad analizzare la specificità delle singole lotte, ma di chiedersi anche se non siano proprio queste lotte una risposta al fatto che questo sistema non è in grado di dare prospettive e un futuro a tutta l’umanità perché la crisi è di questo stesso sistema.
    Prima di capire come reagire bisogna analizzare le cause comuni del disagio e della sofferenza.

    5.2 La fiducia nel futuro strumento essenziale per creare unità e solidarietà
    Un quesito importante è stato poi posto chiedendo: “Se le lotte cui si assiste, in particolar modo in Italia, partono da esigenze e bisogni specifici “settoriali”, non è questo un limite alla solidarietà tra chi soffre e alla unificazione delle lotte?”

    Molti hanno riportato che nel quotidiano, nella propria realtà lavorativa o familiare, ognuno cerca di reagire, ma spesso si cerca una soluzione individuale e anche se si individua una strada da percorrere insieme, ci si scoraggia perché non sempre si riesce a trovare un’intesa con gli altri.

    Altri hanno argomentato che, se è vero che ogni lotta tende a risolvere un problema, di fronte alla sofferenza in tutti i settori è inevitabile e logico intravedere che il malessere ha una causa comune nella crisi e nelle contraddizioni di questo sistema. Ciò che ha smosso l’Africa ha alla base le stesse cause delle rivolte dei lavoratori delle diverse aziende in crisi.

    Sono i bisogni reali che stanno muovendo le grandi masse di lavoratori e di giovani, che stanno diventando finalmente protagonisti delle lotte e questo bisogno di protagonismo è un segnale che questo passaggio dallo specifico al generale si sta iniziando a fare.

    Finché ognuno resta isolato, atomizzato in una massa amorfa, è normale sentirsi impotenti e incapaci di reagire. Se ci si riconosce, anche se con una propria specificità, in un’unica classe sociale, se si acquisisce la consapevolezza di avere gli stessi interessi particolari e generali da difendere, si può iniziare a vincere la paura di cui si è tanto parlato e si può pensare di intraprendere un cammino comune, e spezzare le divisioni che vengono alimentate sempre di più da questo sistema che spinge alla competizione, non solo nel suo modo di produzione ma anche tra gli stessi lavoratori.

    Acquistare perciò fiducia nelle capacità collettive e diffonderla è la risposta venuta da più parti per vincere la paura e l’isolamento.

    Un richiamo è stato però fatto da una partecipante a proposito del fatto che, se le ribellioni e le rivolte delle popolazioni del nord Africa, della Grecia e della Spagna sono da sostenere, è fondamentale analizzare il fatto che le richieste che emergono sono spesso la riproposta, in forma “migliorata”, delle stesse strutture economiche e sociali che hanno causato la crisi (vedi Paesi arabi). E questo accade non solo nel caso di lotte organizzate, ma anche quando di fronte a problemi contingenti, si pensa “se risolvo il problema starò bene, o sicuramente meglio di prima”, evitando così di riconoscere la radice del problema.

    Se la solidarietà è fondamentale per affrontare in modo più consapevole il disagio, per uscire da una visione individuale dei problemi, la solidarietà va “costruita”, allargando i contatti, con la voglia di capire e di confrontarsi, di sentire empatia per partecipare alla creazione di unità. Più le varie realtà sociali, critiche, di lotta si avvicinano e si uniscono, più ci si avvicina a una movimento capace di vere trasformazioni.

    Il fatto stesso che dall’incontro sono nati nuovi contatti e collegamenti fra i partecipanti e che ognuno potrà poi trasmettere i contenuti e le riflessioni nell’ambito in cui vive e agisce, è già di per sé importante perché ha rappresentato un modo per rompere l’isolamento e un primo passo per creare quella coscienza collettiva necessaria per un reale cambiamento.

    5.3 Come costruire un futuro se manca un modello da seguire?
    Sarebbe stato interessante avere maggior tempo a disposizione per rispondere alla domanda che è stata posta e che quasi sempre ci si sente fare di fronte al “come reagire?”: Dove sono i modelli a cui fare riferimento per costruire una società diversa visto che la natura stessa dell’uomo lo impedirebbe e le esperienze storiche hanno dimostrato il fallimento di modelli alternativi?

    Due interventi hanno sottolineato che, se non ci sono modelli reali, non vuol dire che non si possono immaginare società diverse; la storia ha sempre trovato le soluzioni quando si sono poste le condizioni e i bisogni. Non bisogna sottovalutare il fatto che oggi, rispetto al passato, ci sono risorse enormi che si potrebbero utilizzare per creare un sistema e una società diversi. Rispetto alle crisi passate, oggi si sono sviluppate forze produttive tali da permettere l’inizio di un percorso verso una società migliore.

    5.4 Conclusione
    Come già detto, questi sono soltanto alcuni degli elementi usciti dalla discussione, sicuramente quelli più dibattuti. Invitiamo tutti a proseguire sviluppando i quesiti inseriti nei tre precedenti paragrafi:

    • C’è speranza in una reazione?
    • La fiducia nel futuro strumento essenziale per creare unità e solidarietà.
    • Come costruire un futuro se manca un modello da seguire?


    Edited by stefanot - 21/9/2011, 13:43
     
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1 replies since 21/9/2011, 11:44   95 views
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