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4. Dalla rivendicazione dei diritti alla formulazione del voto elettorale e referendario

Napoli 7 e 8 maggio 2011 - weekend di incontro e di confronto

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    4. Dalla rivendicazione dei diritti alla formulazione del voto elettorale e referendario

    4.1 E’ giusto parlare di diritti e rivendicare questi diritti?
    La discussione è partita dal quesito formulato se la difesa dei diritti umani sia una strada ancora percorribile o se invece oggi sia una strada già battuta che non porta più da nessuna parte. La “provocazione” naturalmente ha molto stuzzicato le persone presenti perché di “esigenze”, di “bisogni”, ce ne sono molti nella società attuale e per la maggior parte insoddisfatti o parzialmente soddisfatti. Per cui parlare di “diritti” in qualche modo tendeva a mettere al centro qualcosa di simile. In più è stata avanzata l’idea dell’importanza di questa difesa, dell’importanza di creare delle garanzie per i più deboli, nella misura in cui, è stato detto, i diritti difendono i deboli.
    Diverse sono state le opinioni espresse rispetto a questo quesito.

    Un intervento esprimeva addirittura un senso di intolleranza per il termine stesso di “diritto”, termine “ripugnante che dovrebbe scomparire dal vocabolario”. Altri interventi non mostravano la stessa intolleranza, ma condividevano l’idea che probabilmente era dietro anche al primo intervento, cioè che i “diritti” sono più propriamente la maniera con cui la classe dominante ha stabilito i rapporti di proprietà all’interno della società civile. Infatti - è stato detto - non è vero che i diritti nascono come garanzia dei deboli, ma come garanzia dei forti, come codificazione di come i forti possono mantenere il loro potere sui deboli.

    Un intervento ha sottolineato che i lavoratori in passato non si sono fatta scappare l’opportunità di combattere per avere soddisfatti i loro “diritti”: il diritto a una giornata di lavoro più breve, il diritto alla salute, il diritto a tutelare i minori e le donne rispetto al lavoro minorile e lavori troppo duri, il diritto di costituire dei sindacati che li rappresentassero e il diritto al suffragio universale. E queste lotte, costate sacrifici immensi, hanno portato effettivamente sia a garantire loro condizioni di esistenza migliori che ad accelerare la maturazione della situazione politica. Nonostante il fatto che i diritti non nascono come garanzia dei deboli, ma come garanzia dei forti, nella fase di espansione del capitalismo era ancora possibile strappare delle leggi e degli spazi a difesa dei più deboli. Ma questo oggi è ancora possibile?

    In questo senso un ulteriore intervento ha sottolineato come, rifacendoci alla natura umana e ai diritti in maniera astorica, allora potremmo anche fare un discorso di difesa dei diritti. Ma in realtà siamo in una società precisa, quella borghese, per cui dobbiamo inserire la lotta per i diritti umani in questo quadro di una società divisa in classi e non possiamo farlo a prescindere da questo. Lottare per i diritti umani va bene, ma non prescindendo dal contesto storico che si vive.

    4.2 Questi diritti vengono difesi dai “rappresentanti del popolo” (parlamento e amministrazioni locali) e dai “rappresentanti dei lavoratori” (sindacati)?
    La sensazione che questi “diritti” non fossero più così facilmente perseguibili ai giorni nostri, ha condotto la discussione anche a prendere le distanze dal mondo della politica e dei sindacati (per quanto di sinistra si dichiarassero) che finora ha preteso di “rappresentare” il mondo del lavoro e della povera gente.

    Così, secondo un intervento, i sindacati oggi gettano la maschera di fronte a chi li ha fatti nascere; lo sciopero generale di qualche giorno prima è stato fatto, ma dopo mesi di sabotaggio totale per non farlo riuscire. La sinistra attuale non rappresenta più niente. D’altra parte, la stessa precarietà è stata portata avanti proprio dai governi di sinistra. Ma - è stato aggiunto - la precarietà non è frutto della cattiveria dei capitalisti, ma è congeniale al capitalismo, al punto da arrivare all’assurdo che ogni lavoratore deve contrattare il proprio rapporto di lavoro.
    Altri interventi hanno ugualmente insistito sullo stesso tono, dando particolare enfasi al ruolo della democrazia come arma della borghesia per ingannare e tenere sotto controllo la classe degli sfruttati, e prospettando in alternativa la necessità di intraprendere delle lotte per la difesa delle proprie condizioni di vita in maniera autonoma da partiti e sindacati.

    In tal senso, un intervento ha ricordato il ruolo della religione cattolica che esercita un controllo enorme sulla popolazione attraverso, ad esempio, la creazione dei tanti sensi di colpa originati dal concetto di peccato. Aggiungendo poi come la democrazia ti spiattelli da mattina a sera un concetto di libertà che è del tutto falso e ipocrita. Ad esempio tutta la libertà per i popoli del nord Africa, tutta la difesa della democrazia contro l’autoritarismo dei rais è servita solo a portare alle bombe intelligenti.

    4.3 Vale ancora la pena votare? Ma per i referendum non bisogna fare un discorso a parte?
    Date queste premesse è chiaro che il discorso si è spostato allora alla questione se valesse ancora votare, tanto più che si era in pieno clima elettorale per le amministrative e per i quattro referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento. Una posizione che si è espressa ha difeso decisamente l’idea di non lasciare perdere questa opportunità di votare, ricordando che da una situazione di sfascio non ci guadagna nessuno e che c’è un pericolo reale di andare alla deriva.

    Un intervento ha ricordato che sulla questione del voto c’è già stato un dibattito all’inizio del novecento, quando la democrazia aveva ancora un senso perché era giovane, ma adesso, ad un secolo di distanza, il crescente astensionismo che si manifesta dimostra che la gente comincia a percepire il senso delle elezioni.

    Rispetto alla preoccupazione che è stata espressa di non lasciare l’amministrazione della città di Napoli in mano alla destra, intesa come parte politica più dannosa, ci si è chiesto chi abbia portato al degrado attuale questa città. Non certo la destra visto che l’amministrazione uscente è proprio un’amministrazione di sinistra! Ma questo ovviamente non vuol dire che la destra sia meglio, ma solo che effettivamente non c’è un meno peggio.

    La questione del resto si è posta anche sui referendum sul nucleare, sull’acqua, ecc. … Perché non andare a votare per cambiare le cose? Alcuni hanno mostrato sensibilità su questo punto, rivendicando la necessità di cogliere le occasioni offerte da questi spazi di democrazia.

    Altri invece hanno opposto l’idea della inutilità o, peggio ancora, della fregatura che veniva operata con questi referendum. E’stato ricordato, peraltro, che un referendum sul nucleare era stato già fatto nel novembre del 1987, eppure al momento opportuno la borghesia ha riproposto pari pari la stessa cosa.

    4.4 Conclusione
    Come già detto, questi sono soltanto alcuni degli elementi usciti dalla discussione, sicuramente quelli più dibattuti. Invitiamo tutti a proseguire sviluppando i quesiti inseriti nei tre precedenti paragrafi:

    • E’ giusto parlare di diritti e rivendicare questi diritti?
    • Questi diritti vengono difesi dai “rappresentanti del popolo” (parlamento e amministrazioni locali) e dai “rappresentanti dei lavoratori” (sindacati)?
    • Vale ancora la pena votare? Ma per i referendum non bisogna fare un discorso a parte?
     
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