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3. Sulla natura della crisi

Napoli 7 e 8 maggio 2011 - weekend di incontro e di confronto

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  1. polrpk
     
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    CITAZIONE (osvaldo4s @ 9/10/2011, 19:44) 
    Il fordismo ha solo migliorato la produzione per un tempo relativamente breve e pertanto non è stato in grado di dare una risposta definitiva alla crisi, e la stessa cosa si può dire dell’informatica.

    Sono d'accordo, infatti non ho detto che l'invenzione di nuovi mercati sia in grado di eliminare le contraddizioni interne del capitalismo, ne tantomeno di eliminare la sua tendenza al crollo. Tuttavia sia l'analisi sia la storia ci dicono che i nuovi mercati sono uno dei fattori di controtendenza del crollo, lo ritardano, lo rimandano. E questo perché? Non perché forniscono sbocchi alle merci prodotte, ma perché forniscono sbocchi profittevoli a capitali in crisi!

    CITAZIONE
    È vero, il modo di produzione capitalista può anche modificarsi ma nonostante ciò è andato ineluttabilmente verso l’aggravamento della sua fase di decadenza. Iniziata questa verso la fine del primo decennio del 1900, con la saturazione dei mercati non capitalisti che intanto anch’essi diventavano capitalisti.

    Sicuramente la fine dell'età d'oro del colonialismo moderno ha segnato un punto di svolta importante nella politica degli Stati, ma io nutro profondi dubbi sul fatto che abbia inciso più di tanto sulla questione della crisi del capitalismo. Tendenze al crollo si sono verificate anche prima e sono state superate sia allora che nel XX secolo.
    Che un luogo selvaggio si trasformi in mercato capitalista non è necessariamente un male per il colonizzatore borghese, dipende da quali sono i suoi interessi; se è alla ricerca di oro o carbone è meglio avere schiavi, ma se è alla ricerca di sbocchi per i suoi prodotti tecnologici (vedi USA nel dopoguerra), il capitalismo nel paese dominato è necessario.
    Del resto la crisi da sovrapproduzione non è tipica dell'ultimo secolo e, sempre nell'ultimo secolo, la borghesia ha comunque vissuto momenti di forte prosperità.

    Io ritengo che i problemi profondi del capitalismo riguardino il capitale stesso, non il mercato, la circolazione.

    CITAZIONE
    Chi potrà valorizzare dunque questa parte di capitale contenuto nella merce che non si riesce a vendere, almeno in quel settore di capitalismo?

    Un momento: tralasciamo un attimo il capitalismo e abbassiamoci al livello di economia mercantile semplice. Lì, tralasciando i lavori qualificati, si ha che ad eguale tempo di lavoro produce un eguale guadagno in termini di valore, di denaro; se così non fosse si avrebbe uno spostamento di forze produttive dal settore meno remunerativo a quello più remunerativo, fintanto che una giornata di lavoro renda la stessa somma di denaro. Quando un produttore produce troppo (per il mercato, naturalmente) di una merce, si ha l'effetto di un crollo del suo prezzo che, se molto sostenuto, induce il produttore a investire altrove il proprio tempo lavorativo.
    Se il produttore vendeva al di sopra del valore, il nuovo prezzo si attesta al valore e lui può valorizzare il capitale: è la legge del valore che livella al tempo di lavoro socialmente necessario. Se invece si tratta di un crollo di quel prodotto, allora DEV'ESSERCI un altro settore che sta facendo extraprofitti. Se così non fosse, significa che c'è una parte di persone che tesaurizza del denaro: non compra beni di consumo né mezzi di produzione. Ma sarebbe comunque un fenomeno arbitrario che non ha niente a che fare con il capitalismo nella sua essenza.

    Al capitalista, infatti, non interessa tanto il vantaggio assoluto, ma il vantaggio relativo: interessa guadagnare più degli altri. UN abbassamento generale della produzione può rendere solo più dure le condizioni di guadagno e investimento perché maggiore è la concorrenza e l'offerta rispetto alla domanda, ma assolutamente non scalfisce la valorizzazione del capitale.

    Se il capitalista non riesce a vendere vuol dire che sta producendo merce in eccesso e DEVE trovare altri sbocchi NON della sua merce, ma del suo capitale! Dal punto di vista dell'analisi economica noi ammettiamo che i soggetti economici siano razionali, calcolatori e che operino al massimo dell'efficienza: cioè che ogni capitalista sappia arrivare esattamente dove può arrivare.

    Il vero punto è: cosa succede se non li trova quegli altri sbocchi per il suo capitale? Perché è impossibile, ad un certo punto, trovare investimenti adeguatamente profittevoli? Cosa ha generato il crollo dei profitti?


    CITAZIONE
    Pertanto, è impossibile che, i salariati, anche appartenenti a campi produttivi diversi, possano essere acquirenti solvibili di tutte le merci in circolazione.

    Questo è indubbiamente vero e, infatti, cadono come pere tutte quelle argomentazioni che immaginano l'unica possibilità di sbocco la massa dei redditi da salario.
    Primo per quello che hai detto tu: il salario sarà sempre più basso del valore del capitale+plusvalore. Secondo, perché non è affatto necessario che i salariati comprino tutto: può benissimo esistere una gran massa di indigenti a fronte di un gruppetto di ricchissimi capitalisti che si spartiscono il malloppone tra di loro. La fanno loro la domanda: per il mercato un milione di uomini con un euro ciascuno è uguale a un solo uomo con un milione di euro.

    CITAZIONE
    Allora, o quella parte di merce non venduta può dare profitti attraverso mercati non salariali e cioè non capitalisti oppure, se questi non esistono più in maniera sufficiente per valorizzare il capitale globale, è crisi da sovrapproduzione generalizzata,

    Io non capisco perché l'unico sbocco sarebbero i mercati non capitalistici. Il capitalista produce e investe fintanto che riceve un profitto non inferiore rispetto a quello medio, alto o basso che sia. Se c'è sovrapproduzione, il capitalista frena la produzione proprio per eliminare la sovrapproduzione. Il capitale disinvestito che gli rimane o trova modo di investirlo altrove, oppure CESSA di essere capitale e l'economia arretra: aumenta la disoccupazione e si ha la crisi. Ammetto di non essere un esperto della teoria della sovrapproduzione, ma proprio non riesco a capire per quale motivo debba esserci sovrapproduzione generale (sempre escludendo il credito, la finanza, ecc.). Quello che non si può comprare l'operaio se lo compra il capitalista con i soldi che gli ha fregato!

    CITAZIONE
    Per farla breve se consideriamo il capitale mondiale una sola unità ed il salario mondiale una sola unità quest’ultimo in un tale tipo di mercato, come è quello attuale, non può assolutamente valorizzare il capitale UNO perché come un tutto non è in grado di acquistare tutta la merce prodotta.

    E perché mai? Se si producono 100 mele non importa che gli operai ne possano comprare solo 1 perché ipersfruttati: i capitalisti possono comprare le altre 99 e spartirsele tra loro. Infatti Valore della merce = C + V + PV. C è costante e lo trascuriamo in quanto, per definizione, è sempre speso. Anche se V fosse piccolissimo, c'è sempre PV. E anche qualora i capitalisti fossero astinenti al consumo (cioè K=0, con K consumo del capitalista, A fondo di accumulazione e quindi PV=K+A) e spendessero tutto in accumulazione, in tal caso A fornirebbe domanda per altre merci (mezzi di produzione). Ma non vedo alcuna traccia di sovrapproduzione generale insita nel capitalismo, a meno che non ci metta lo zampino il credito, ma è un altro discorso.

    Daniele
     
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42 replies since 21/9/2011, 11:53   1376 views
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