Napoli Oltre

A proposito di violenza 2

Ricostruzione della discussione avvenuta dal 22/01/2010 ore 21:19 al 27/02/2010 ore 14:41

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    stefanot
    Inviato il: 22/1/2010, 21:19

    Carissimi, è da giorni che seguo con molto interesse questa discussione ma per motivi di tempo e "contingenti" non riesco a prendervi parte.
    Vista la "piega" che, con gli ultimi interventi, sta prendendo, ritengo che sia necessario continuare anche con una riunione del Gruppo di discussione in modo da allargarla a tutti e far sì che anche coloro i quali hanno difficoltà a dire la propria per iscritto possano esprimersi.
    Concordo con Eduardo quando afferma: “La discussione dovrebbe servire proprio a superare eventuali incomprensioni e malintesi, anche nel caso in cui non si arrivi ad una convergenza di vedute” ed è per questo che credo sia necessario che, oltre a discutere dell'argomento in questione, ci si interroghi collettivamente su cosa ci ha spinto a discutere fra di noi, facendoci prima incontrare in varie occasioni e poi partorire l'esigenza di aprire questo spazio dove confrontarci in maniera schietta e “fraterna” e dove non credo debbano esserci né vinti né vincitori.
    Un saluto fraterno a tutti
    PS: ho inserito una nuova “stanza”: “Spunti di riflessione leggendo qua e là” serena lettura e discussione ...

    Bogdanov
    Inviato il: 23/1/2010, 05:23

    Il compagno Eduardo sembra non aver compreso che una discussione sulla violenza e sulla natura umana non è un divertissement intellettuale. E’ una cosa estremamente seria poiché ciò che si pensa della natura umana ha il potere di pregiudicare ogni attività dell’uomo, e perciò non è possibile affrontarla con una filosofia che inciampa sulle macerie dell’hegelismo. E neppure è possibile risolvere le questioni da essa poste a votazione.
    Il marxismo, ho fatto rilevare, non poté occuparsi di questo aspetto essenziale, la natura umana, in quanto le scienze che ne hanno chiarito la storia e la formazione sorsero dopo e, a parte qualche geniale intuizione di Marx (l’umanismo compiuto), non trattò questo aspetto così come non poté trattarne molti altri.
    Per chi ritiene che tutto sia stato già detto, il problema ovviamente non sussiste. E laddove sorgono questi problemi meglio ricondurli all’eclettismo dell’interlocutore, il modo non importa. Il fatto è che gli uomini, proletari compresi, agiscono in base alla natura umana, cioè, nella fattispecie, in base alla commistione contraddittoria di egoismo che viene dalla storia naturale e socialità acquisita nel corso dell’evoluzione psicosociale. Di fronte alle grandi contingenze storiche che vanno avvicinandosi, diviene molto pericoloso affrontare problemi di lotta politica senza disporre di un pensiero chiaro e compiuto.
    Che lo si possa raggiungere manipolando i concetti dell’interlocutore, squilibrandoli nel senso deteriore, francamente non lo credo. Perciò non sono interessato a rispondere.

    osvaldo4s
    Inviato il: 24/1/2010, 16:51

    Cari compagni, la messa in opera del nostro forum di discussione Napolioltre (ma che in realtà è un forum proletario che appartiene all’insieme della classe operaia, sia per il modo con cui è nato e sia perché gli argomenti discussi sono quelli che quotidianamente la classe si pone di continuo) ha rappresentato un ulteriore strumento che ha consentito il confronto immediato tra compagni imprimendo subito un indiscutibile passo in avanti verso la chiarificazione di alcuni punti cruciali del processo di presa di coscienza di ciascuno di noi e per l’insieme del proletariato. Ripeto, passi in avanti e non la chiarificazione definitiva dei vari argomenti proposti e discussi dai compagni. Ciò significa che le varie discussioni devono continuare dando la possibilità ad altri compagni ed anche ad altre persone di intervenire in prima persona scrivendo i propri pensieri (pur non avendo alcuni troppa dimestichezza nello scrivere, quindi si immagini lo sforzo), le proprie preoccupazioni e dicendo quello che pensano sull’argomento posto.
    Devo dire che fin dal primo momento mi sono sentito gratificato di partecipare a tali discussioni ma non sorpreso, conoscendo i compagni che maggiormente sono intervenuti e lo spirito che ha prodotto un tale forum “… La discussione e il confronto schietto tra compagni è un elemento di crescita e di maturazione del proletariato …” ed anche per il clima fraterno e corretto, come si usa tra onesti compagni, che lungi dal ricercare una propria affermazione individuale di dotti o sapienti in politica, hanno a cuore la liberazione del proletariato e con essa tutta l’umanità dalla schiavitù salariale che questa decomposta società borghese ci impone.
    Ecco una sensazione, oserei dire, comunista che ho provato!
    Ho apprezzato la pacatezza nelle risposte ad alcuni quesiti ed anche lo sforzo di alcuni compagni in particolare Lucio Spartaco e Bogdanov nel dare risposte sulla violenza indirizzate proprio a me.
    Confesso che alcune volte ho avuto qualche sensazione di disagio soprattutto quando questi compagni hanno usato una terminologia piuttosto difficile, ma nell’insieme ho quasi sempre compreso dove il loro discorso andava a parare e mi sono riservato il tempo di riflettere e magari rispondere. Ho apprezzato pertanto le precisazioni più o meno chiare (intendiamoci, per me) sulla natura umana, soprattutto perché corredate da una frase tipo “...qualsiasi uomo di vasta cultura e di ricca esperienza è assai meglio preparato all'attività filosofica che non un polveroso specialista di gnoseologia. Deriva da qui, più che da qualsiasi altro campo, l'incontestabile diritto del "profano", fornito di sufficiente esperienza di vita e di scienza, di avere la propria opinione nella lotta tra le tendenze filosofiche". Stiamo discutendo tra compagni, riversando in questa discussione il portato delle nostre esperienze e dei nostri ragionamenti. Le citazioni a volte aiutano a chiarire un concetto, un pensiero, ma non sono l'essenziale. Ci confrontiamo per imparare insieme, attuando una forma cooperativa di conoscenza, interagendo nella ricerca di una posizione il più possibile vicina alla verità, il più possibile utilizzabile nella lotta politica; ogni opinione è non soltanto necessaria ma utilissima alla composizione del nostro comune risultato di questa discussione”.
    Pertanto anche in queste devo sottolineare il termine gnoseologia e dopo darò la spiegazione della sottolineatura.
    Ora alla luce di come successivamente sono andati avanti i fatti e dal tono che hanno preso, mi sembra quasi impossibile che il compagno Bogdanov abbia potuto intavolare con il compagno Eduardo una discussione così contrastante con quanto sopra affermato (in corsivo) da lui stesso.
    Io qui, non voglio entrare nel merito della discussione circa gli argomenti posti, o chi ha ragione o torto, in questo momento non mi interessa condividere una posizione anziché un’altra e per la verità non posseggo la necessaria conoscenza degli autori o testi da cui sono stati tratti questi brani citati per potermi esprimere con coscienza di causa. Una tale discussione o la si riprende con gli stessi toni e lo stesso spirito fraterno come sopra descritto e dando la possibilità ad ognuno di intervenire o resta una disputa privata tra due compagni, il cui solo scopo è quello di dimostrare a se stessi come l’uno possa essere più bravo dell’altro. Ed io non credo affatto in quest’ultima ipotesi!!! Penso, invece, sinceramente che il compagno Bogdanov non sia stato ben compreso dal compagno Eduardo e lo stesso non sia stato compreso dal compagno Bogdanov. E ciò non perché non abbiano saputo esprimere il loro pensiero. Anzi. Però vuoi la difficoltà e la complessità dell’argomento trattato, vuoi l’uso di parecchi termini difficili e citazioni tratte da testi di filosofia, psicologia, e da riviste scientifiche che trattano tale materia da un punto di vista biologico, ecc. hanno nel tempo ridotto la discussione a pochi compagni (Lucio Spartaco, Bogdanov ed infine Bogdanov ed Eduardo) escludendo di fatto gli altri o coloro che stavano per intervenire per la prima volta. Io per esempio, e garantisco di non essere il solo, ad un certo punto mi sono sentito completamente spiazzato e non ho saputo più come intervenire. Anche la lunghezza degli argomenti trattati ha in realtà contribuito a creare in me tali difficoltà soprattutto nel seguire e comprendere ciò che veniva detto.
    Compagni, parlare con termini tipo: “gnoseologia; determinismo storico; concezione materialistica e dialettica della storia … oppure con frasi tipo “Ludovico Fuererbach contesta ad Hegel che il concetto di assoluto che possa esistere a priori e fin “dalla eternità, non si sa dove, ma ad ogni modo indipendentemente da ogni cervello umano pensante” e che possa compiere una “evoluzione dialettica” estrinsecandosi nella natura per assumere di nuovo coscienza di sé nell’uomo, ritornando infine, con un giro vizioso, al punto da cui era partito … ecc. ecc. ecc. significa, nei fatti, creare reali difficoltà a compagni o a persone che non masticano bene questi argomenti o che li sentono per la prima volta ma che invece hanno la necessità di darsi risposte ai primi dubbi che finalmente si pongono sulla pretesa perennità di un tale sistema sociale. E ciò può addirittura allontanarle.
    Cari compagni, pur stimando la vostra preparazione e la vostra onestà intellettuale, vi sembra questo il modo per coinvolgere proletari che stanno cominciando a chiedersi come sia possibile cambiare questo schifoso mondo, ed a porsi domande sulla natura umana, visto che in ultima analisi la sfiducia che ha il proletariato in sé stesso come classe rivoluzionaria ha per base proprio “la natura umana che non consentirà mai alla società umana di realizzare il comunismo”? fortemente sostenuta dalla borghesia.
    Dico ciò perché parlando con proletari, altri lavoratori, soprattutto sul mio posto di lavoro, l’idea che alla fine emerge da queste discussioni è sempre la stessa “è vero questo mondo è assurdo, non piace, ma quest’uomo è in grado di concretizzare una società umana dove l’umanità tutta possa vivere in completa armonia con se stessa e con la natura?” Immaginate come sarebbe controproducente se cominciassi, pur avendone le conoscenze culturali, con termini tipo Ludovico Fuererbach, da Hegel a Darwin, dallo stesso Marx, o da Engels citando questo o quel capitolo de La sacra famiglia.. oppure … “Ma come sia “vero” il materialismo dialettico nei confronti dell’idealismo non si spiega, in quanto la contestazione del secondo è data soltanto dalla sua in giustificazione metafisica”.
    Cari compagni con ciò non voglio affatto denigrare lo sforzo fatto da voi per meglio comprendere la teoria di quella lotta titanica che fin dalla preistoria l’uomo sta conducendo per entrare nella Storia (vedete pure io cito Engels); tutt’altro. Quello che vi chiedo è di comprendere che non tutto ciò che voi dite, a ragione o torto, condivisibile o meno, è sempre e subito compreso da altri compagni o proletari alla ricerca di una coerente posizione di classe e di conseguenza di fare uno sforzo per rendere i vostri interventi comprensibili a tutti. Va bene la citazione, va bene il riferimento ad altre discipline ma tempo al tempo, proprio come avviene durante le riunioni pubbliche (sappiamo quali) in cui tutti noi coinvolti in questa discussione sistematicamente partecipiamo e apprezziamo le citazioni o i riferimenti storici prodotti da alcuni compagni (non è forse vero compagno Bogdanov?). Ora perché un rifiuto di rispondere al compagno Eduardo?
    Con questa domanda però non voglio né minimizzare le divergenze tra le posizioni del compagno Bogdanov e quelle del compagno Eduardo né tantomeno che si continui una polemica, culturalmente elevata quanto si vuole, ma inutile se non addirittura deleteria per il gruppo di discussione e quello che il gruppo si prefigge di portare avanti; ciò che invece mi preme è un appello per restituire a questo forum quel clima cordiale e fraterno che lo caratterizza e che è la sua impronta genetica proletaria.
    Non vi sembra che sarebbe un grosso danno per noi e per l’insieme del proletariato perdere un tale strumento, solo per colpa di incomprensioni linguistiche dovute alla complessità degli argomenti e non per mala fede da parte dei compagni? Qualsiasi divergenza tra compagni deve essere sempre discussa con la massima chiarezza ed onestà intellettuale e con lo sforzo più elevato per estendere tale problematica a tutti gli altri compagni coinvolti anche se questi non sembrano partecipare subito direttamente.
    Un forte e fraterno saluto sincero a tutti i compagni ed in particolare al compagno Bogdanov ed al compagno Eduardo

    iaia51
    Inviato il: 24/1/2010, 22:35

    Carissimi, in questo periodo ho pochissimo tempo a disposizione da dedicare al forum a causa di gravi motivi familiari ma, sono stata stimolata alla lettura da ciò che mi ha chiesto mia figlia (che evidentemente legge il forum) < mamma, hai visto che cosa sta succedendo sul forum, sembra che ci sia clima da rissa !?>
    Credo che questo nostro forum sia uno strumento importantissimo (e da difendere “con le unghie e con i denti” in questo particolare momento storico) per chiarirci le idee, esprimere i nostri dubbi, confrontarci, stimolare quante più persone possibile ad esprimere il proprio pensiero, a parlare ,a confrontarsi con noi, perché è dal confronto mediante un onesto dialogo che ci può venire l’aiuto per avere la chiara concezione delle conoscenze che man mano stiamo acquisendo.
    Penso che ciò sia molto importante perché non sempre è facile avere le idee chiare al punto tale da poterle esprimere per iscritto ( e non solo ) esternando effettivamente quello che si pensa.
    La cosa che ci può dare la certezza della chiarezza delle nostre idee è ciò che gli altri capiscono. Credo perciò che sia poco costruttivo instaurare dei battibecchi, tra l’altro spesso corredati da concetti e citazioni non necessariamente noti a tutti, dando magari anche l’impressione che ci siano già delle particolari posizioni da difendere . . . . e non quelle che stiamo cercando di definire insieme e che pensiamo possano essere quelle della classe.
    Credo proprio che parlare da soli non serva a molto; il forum ha in sé la grande risorsa di poter permettere il dialogo con più persone, a più livelli, perché tutti possano trarne il maggior beneficio possibile.
    La difficoltà che ha la classe in questo momento è dovuta proprio alla grande e continua azione mistificatoria messa in atto dalla classe dominante per renderle difficile la presa di coscienza.
    E’ necessario domandarci sempre, se il nostro scopo è quello di chiarire noi stessi per poter chiarire gli altri, se chiari lo siamo stati veramente.
    Spesso inoltre, se c’è difficoltà ad esprimer con chiarezza ciò che si pensa (magari perché non c’è ancora una vera convinzione relativamente ad un dato argomento ) c’è il pericolo che ci si possa inibire di fronte ad affermazioni poste come certezze e che, alzando immediatamente il livello ( anche culturale , relativo a quel dato argomento) della discussione ti impediscono di esprimere il tuo “ piccolo”, forse non ancora ben costituito pensiero.
    Non sto affermando che chi sa di più non debba metterlo a disposizione di tutti, ma semplicemente non può risentirsi quando, dando certe conoscenze per scontate, esprimendo per trasmetterlo ad altri il proprio sapere rischia, di fare capire altro.
    Troppo spesso ho dovuto confrontarmi con la mia ignoranza in materia, ma ciò mi ha sempre stimolata, anche se fra tremila difficoltà, a cercare di essere all’altezza perché queste discussioni riguardano la nostra storia, passata, presente e futura e sono per forza altamente stimolanti e soprattutto ti danno sempre più la consapevolezza di essere anche tu parte e parte anche importante perché (diversamente da come ci hanno abituato a pensare –basta che vanno bene i cavoli tuoi), ti fanno sentire la responsabilità del compito che ci si presenta.
    Il discorso della violenza e, di conseguenza quello della natura umana, penso sia un importante argomento su cui chiarirsi bene le idee perché sarebbe un grave errore pensare che l’uomo nasca in un “certo modo” con un corredo cromosomico che sicuramente contenga la propensione alla violenza. E’ proprio questo che ci vogliono far credere per condurci alla deriva e soprattutto per allontanarci sempre più da quella presa di coscienza tanto importante per tutto il genere umano.
    Per non essere fraintesa tengo a precisare che non intendo assolutamente criticare i compagni che ritengo in assoluta buona fede e che sono intervenuti sul forum mostrando sempre l’entusiasmo di voler dire la loro riguardo ad ogni argomento e proponendone di nuovi ed estremamente stimolanti. Spero veramente di non aver offeso nessuno e ci tengo a dire che se ciò fosse avvenuto non era certamente nelle mie intenzioni.

    Bogdanov
    Inviato il: 25/1/2010, 00:04

    Caro Osvaldo,
    il problema sorto non è di contenuti ma di metodo. Si può contestare qualunque tesi, in qualunque modo. Quello che non si può fare è forzare i concetti espressi dall’interlocutore fino a distorcerli senza con ciò distruggere il piano di discussione.
    Il compagno Eduardo avrebbe potuto contestare tutto ciò che ho detto con argomenti propri o magari entrando nel merito delle mie affermazioni. Ha preferito un’altra via che è quella di presentare l’interlocutore come un eclettico. Che fare? Devo forse pensare che è il solo modo che conosce di interloquire? Se è così è un male, se non è così è peggio. Ne ho preso atto.

    stefanot
    Inviato il: 25/1/2010, 13:03

    Vorrei ricordare a tutti che questo Forum è nato per l'esigenza di ..."Un gruppo di lavoratori, studenti, precari, disoccupati, cassintegrati ... che da un po’ hanno deciso e scelto di stare insieme per conoscersi e confrontarsi."... o almeno così ci siamo definiti nel "Chi siamo" da tutti noi riconosciuto come il "manifesto" del Gruppo di discussione ...
    Ricordo inoltre a tutti che tutto quello che scriviamo sul Forum non viene letto solo da coloro i quali si sono iscritti (con l'iscrizione si può anche rispondere) ma da tutti coloro i quali entrano ...
    Vorrei ancora sottolineare che dal 14 novembre (giorno in cui abbiamo cominciato a rendere pubblico il Forum) ad oggi ci sono state ben 808 visite di cui 386 solo nel mese di gennaio!
    Quindi sono tanti quelli che ci leggono e pochi quelli che scrivono ...
    Come ha detto Osvaldo Napolioltre "è un forum proletario che appartiene all’insieme della classe operaia, sia per il modo con cui è nato e sia perché gli argomenti discussi sono quelli che quotidianamente la classe si pone di continuo" per cui credo che lo sforzo di tutti debba essere quello di salvaguardare questo spazio esprimendosi nel modo più semplice possibile (ricordiamoci che non sappiamo chi ci leggerà!) e perché credo che ci sia una necessità diffusa di discutere con gli altri per confrontarsi attraverso uno scambio autentico in cui si parla e si ascolta ... uno spazio dove ci si misuri con argomentazioni senza fare appello alla morale o all'autorità di "teorici" ... rigettando la personalizzazione della discussione e badando agli interessi della classe.
    Non sono in ballo solo i nostri personali interessi ma qualcosa di molto più grosso e non possiamo permettere e permetterci, in uno spazio come questo, di mortificare il dibattito che ritengo sia necessario e indispensabile che sia "reale", aperto, senza prevaricazioni di alcun tipo perché, ripeto, la posta in gioco è la nostra stessa vita e quella dell'intera umanità, quindi fallire ancora sarebbe criminale!
    saluti fraterni!

    lucio spartaco
    Inviato il: 25/1/2010, 13:55

    A proposito della questione richiamata dal compagno Stefano, il quale ci avvisa che "fallire ancora sarebbe criminale", concordo pienamente.
    Nel contempo, però, avverto che su determinati argomenti non bisogna semplificare troppo il ragionamento perché sarebbe fuorviante e addirittura controproducente.
    La realtà non è mai semplice, ma sempre molto complessa e mutevole, per cui esige un approccio critico-problematico ed implica un metodo investigativo che si avvalga di molteplici strumenti di indagine e di conoscenza, compresa la riflessione filosofica, che da sola non è mai esaustiva.
    Questa è la mia visione, non solo della realtà, della storia e della politica, ma pure della "gnoseologia". Una brutta parola che presuppone la necessità di uno sforzo intellettuale e teoretico di (e sulla) conoscenza, basato su un metodo possibilmente valido e corretto scientificamente. Pena la sconfitta del proletariato non solo e non tanto sul versante teorico e ideologico, quanto soprattutto sul piano pratico, storico e politico.

    Bogdanov
    Inviato il: 25/1/2010, 15:31

    Cara Iaia,
    tu scrivi : “un grave errore pensare che l’ uomo nasca in un “certo modo” con un corredo cromosomico che sicuramente contenga la propensione alla violenza”.
    Rispondo alla tua affermazione senza passare per il piano teoretico.
    Hai sotto gli occhi continuamente l’umanità per ciò che è, nel bene e nel male. E’ vero, come diceva Confucio, che “il miglior nascondiglio è sotto l’occhio”, ma credo non ti manchi lo spirito di osservazione. Cosa ti suggerisce?
    E, attenzione, la violenza, il desiderio di prevalere sull’altro e di abusarne, è così diffuso e pregnante da non essere neppure notato o classificato per tale; va da un gesto semplice fino alle forme più complesse e sofisticate, dal bambino che infligge sevizie ad un cane al generale che ordina lo sterminio di una popolazione, dal prepotente che ti scavalca mentre sei in fila allo sportello delle poste al giornalista che ti nega la verità dei fatti, dal proletario che picchia la moglie perché la pasta è scotta al capitalista che sversa tossici nelle acque. L’osservazione di questi fatti è quotidiana, ci siamo così abituati da non pensarci e da non cercare il nesso tra queste azioni. Ma è sempre violenza e la puoi riconoscere, se ci pensi, anche nelle persone migliori.
    Ho spiegato che in origine l’uomo era vegetariano, viveva sugli alberi come le scimmie che sono i nostri parenti biologici più prossimi. Si nutriva di frutti, foglie, semi, ecc. e non aveva bisogno di uccidere per nutrirsi. In seguito divenne un animale della savana, dove, non trovando cibo a sufficienza, dovette “imparare” a digerire la carne di altri animali, ad ucciderli. Parliamo in senso evolutivo, milioni di anni. Era evidente che sopravvivevano più facilmente gli individui più abili nella caccia e che trasmettevano i loro geni alla prole, e questi passaggi di generazioni rafforzavano sempre più gli istinti aggressivi. Tutto ciò è quanto si è compreso dalla storia naturale, non sono opinioni, abbiamo prove biologiche inconfutabili che le cose sono andate in questo modo.
    Nel contempo venivano formandosi le prime associazioni umane, che non erano ancora comunità ma aggregazioni di predatori che si mettevano insieme per potere aggredire animali più grossi. Questa storia è durata per centinaia di migliaia di anni.
    Solo in seguito, al comparire delle prime forme di agricoltura, che richiedevano un lavoro associato, cominciò a formarsi la socialità dell’uomo, cioè la necessità di convivere per risolvere meglio i problemi della sopravvivenza. All’origine della società umana vi sono forme di comunismo primitivo. Ora è evidente che non è possibile convivere senza frenare l’aggressività dei singoli e così prese forma la contraddizione tra la cooperazione e la competizione; da una parte era indispensabile convivere e lavorare insieme, e ciò era possibile solo frenando l’aggressività e l’egoismo dei singoli; dall’altra rimaneva una eredità, divenuta genetica, della storia umana precedente.
    In effetti, se ci rifletti sopra, la civiltà può essere definita come socialità e conoscenza, dove però la conoscenza, cioè tutto ciò che gli uomini imparano, è possibile solo grazie alla socialità.
    L’origine della proprietà privata comportò la distruzione del comunismo primitivo: la ragione non era affatto strutturale, poiché la proprietà privata non portò affatto miglioramenti che non era possibile ottenere senza di essa: fu un atto di sopraffazione per potere sfruttare il lavoro di altri a proprio vantaggio, in primis le donne che nel comunismo primitivo avevano un ruolo preminente in quanto riproduttrici.
    Tuttavia, proprio perché vi era la proprietà privata, quindi una violenza codificata, il processo di sviluppo della socialità umana fu rallentato. Non si poteva abolirlo senza distruggere l’intera società ma neppure si poteva esaltarlo senza rimettere in discussione la proprietà privata.
    E da 10.000 anni siamo andati avanti portando questa contraddizione tra socialità e competizione fino ai tempi moderni. La proprietà privata si è continuata in varie forme: prima la servitù agraria, da questa allo schiavismo (presente fino all’inizio del ‘900), poi il feudalesimo ed infine il capitalismo.
    Tutti questi tipi di società si sono modellati a seconda dello sviluppo dei mezzi di produzione ed aumentando sempre più il coefficiente di violenza imposta all’umanità fino all’alienazione descritta da Marx.
    Ma anche la socialità continuava, sia pure repressa e negata, a crescere. Ed ogni volta che vi erano lotte sociali rispuntavano fuori concetti ed aspirazioni riferibili al comunismo primitivo.
    Ora, secondo me, siamo giunti ad un punto della storia in cui l’umanità ha bisogno di liberarsi della proprietà privata, pena la sua stessa distruzione.
    Il comunismo, proprio perché vuole diventare, dopo l’abolizione del capitalismo, una società senza classi, una società di liberi lavoratori, crea l’ambiente sociale adatto affinché possiamo far regredire gli istinti di natura violenti che abbiamo ereditato; infatti non troverebbero stimoli in una società di eguali e la violenza sarebbe limitata a comportamenti facilmente controllabili dalla comunità.
    Il contenuto del mio ragionamento era, grosso modo, questo.
    Ora, se tu dici che è un grave errore pensare che l’uomo abbia un istinto aggressivo, allora dovresti spiegare in altro modo i comportamenti umani, senza eccezioni.
    Non mi scoraggia pensare che l’uomo è ciò che è, una commistione di socialità e violenza. Se siamo arrivati fino a questo punto possiamo proseguire, andare oltre. Se i regimi classisti hanno ostacolato e combattuto l’emergere di una socialità compiuta e definita nell’umanità è una ragione in più per abolire la proprietà privata.

    stefanot
    Inviato il: 26/1/2010, 10:54

    Carissimi, le mie domande a tutti sono:
    - Ci riesce così difficile usare un linguaggio più semplice (non intendo più banale o addirittura che muti le cose che si vogliono affermare) ma solamente più accessibile a tutti?
    - Si può essere meno lapidari (tipo "ho già spiegato" - siamo a scuola? / oppure "inconfutabile" - è un modo per non ammettere replica: o sei d'accordo o sei scemo, è così chiaro da essere inconfutabile per cui quello che dici è una castroneria!).
    Inoltre vorrei di nuovo invitare tutti (lo faccio perché il Gruppo mi ha delegato ad essere moderatore) a pensare che stiamo dialogando per avvicinarci ad una verità condivisa e non perché si voti su questa o un'altra tesi.
    Ecco perché chiedo di essere il più semplici (il vocabolario italiano è vastissimo) e meno citazionisti possibile (le citazioni di grandi pensatori usate per sostenere una propria tesi pongono spesso gli interlocutori in una posizione di sudditanza culturale (facendoli sentire inadatti a rispondere e, cosa più grave, gli impedisce di esprimere i propri dubbi e le proprie incertezze - si discute proprio per tentare di chiarirsi.).
    Questo Forum nato come espressione del Gruppo di discussione (mi pare fossimo tutti d'accordo) dovrebbe rappresentare uno spazio aperto a tutti (senza nessuna esclusione ), a chiunque ricerchi la chiarezza e non un'appendice, la "proprietà privata" o la "cassa di risonanza" di un organizzazione politica e, tantomeno, spazio solo per i "compagni" (quelli già più avanti nella riflessione e nella discussione - facendo sì che chi ascolta o legge abbandoni il Forum sentendo che qui si discute come nei programmi televisivi, facendo rissa o affermando le proprie tesi non con la voglia di confrontarsi ma di avere ragione - non mi pare che qui siano in corso delle votazioni!)
    saluti fraterni

    Bogdanov
    Inviato il: 26/1/2010, 13:44

    Caro Stefano,
    nel vecchio PCI, partito borghese fino alle midolla delle ossa, si era soliti dire che “Il Capitale” era roba da intellettuali, che Marx lo avesse scritto per gli intellettuali, che chi lo leggeva lo faceva perché voleva posare ad intellettuale, ecc.
    A me questa cosa non andava giù, mi sembrava contraddittorio che Marx avesse scritto quel libro in modo che i proletari non fossero in grado di leggerlo, mi sembrava incoerente. Non avevo altra scelta che tentare di leggerlo per sapere come in realtà stavano le cose. Lentamente, pagina per pagina, leggevo e mi segnavo su un foglio i termini che non conoscevo, li cercavo nel vocabolario, ma non sempre li trovavo, e poi rileggevo tentando di capire. Questi furono i primi tentativi perché poi, una volta capito il suo modo di organizzare il ragionamento, riuscivo a leggere più velocemente ed a capire quasi tutto. A volte dovevo tornare indietro (succede sempre con Marx) per riprendere l’integrità del concetto iniziale, ma riuscivo a stabilire una connessione tra il pensiero di Marx ed il mio modo di apprenderlo. Allora svolgevo un lavoro nelle Ferrovie, una specie di manovale specializzato, avevo famiglia con tutte le difficoltà connesse a queste cose. Eppure a leggere quel grosso libro, preso alla biblioteca comunale, trovavo una soddisfazione, un appagamento, la sensazione di riprendermi qualcosa che mi apparteneva, che era stato scritto perché persone come me potessero capire e agire nella realtà in cui vivevano. E capivo lo spirito di Marx, cioè il fatto che i proletari come me non soltanto erano in grado di fare una rivoluzione liberatrice ma anche che erano in grado di riorganizzare la società molto meglio di quanto avesse fatto il capitalismo. Il linguaggio, che prima mi sembrava ostico, pesante, pretenzioso, escludente, alla fine si rivelò non soltanto comprensibile, lucido e preciso ma esso stesso un mezzo per spingere il lettore ad elevarsi, a sfidare i limiti angusti dell’istruzione ridotta propinata dalla borghesia.
    Perché ti dico questo? Perché non conosco nessun argomento, quale che sia che i nostri compagni non possano comprendere e valutare. Se dai una scorsa ai loro interventi nelle discussioni, risulta che si tratta di belle intelligenze, di persone sensibili e perspicaci, che hanno una vasta esperienza del mondo, in grado di osservare e dedurre, per nulla intimidite dalla difficoltà degli argomenti, attente nel considerare le implicazioni di una affermazione.
    E’ vero che il linguaggio di alcuni interventi (miei) è risultato alquanto specialistico, ma tieni conto che ho dovuto rispondere nei termini in cui mi veniva proposto un riferimento ad un testo “sacro”.
    Dal seguito ne è venuta fuori una questione di metodo e cioè se è lecito forzare le affermazioni di un interlocutore fonzandone il pensiero, aggiungendo elementi impropri ed estranei o deduzioni illegittime o aggiunte contraddittorie. Io questo metodo lo respingo, anche se si trattasse di polemizzare col nemico di classe.
    Ma anche su questo sei adesso obbligato ad esprimerti, nel metodo e nel merito, perché una discussione richiede regole; io le davo per scontate ma ho dovuto constatare che non è così.
    In una risposta al compagno Osvaldo ho spiegato come la penso a proposito del Forum, puoi rileggerla. Ed ho anche spiegato la mia posizione rispetto alla cultura specialistica ed il senso di ricerca contenuto nella discussione.
    Si può certamente tentare di sminuzzare concetti difficili, spiegare a latere termini desueti, ma bisogna fare attenzione perché l’eccesso di semplificazione porta alla scomparsa dei contenuti oltre che a critiche pretestuose, come è capitato a me, per avere concentrato l’argomento sul punto focale che si stava trattando. Se non vi è alcuna ipoteca “ideologica”, allora si può fare, senza che vi sia qualche domenicano in agguato per censurarti di non avere detto il “credo” nella sua esatta formulazione canonica.

    Eduardo20
    Inviato il: 28/1/2010, 19:49

    Cara Iaia, ho letto il tuo intervento e ne condivido le preoccupazioni di fondo così come condivido la tua posizione sul problema della violenza. Anche io ritengo che sia un grave errore pensare che l’uomo nasca marcato da un DNA della violenza. E mi pare che tu centri bene il problema nella misura in cui dici che è proprio questo che ci vogliono far credere per condurci alla deriva e soprattutto per allontanarci sempre più dalla maturazione di una fiducia nella classe operaia e nella prospettiva del comunismo. In realtà questa posizione, di cui può essere vittima qualche compagno, è di fatto un preciso orientamento della borghesia che corrisponde a quello che prende il nome di darwinismo sociale, forma mistificata del darwinismo, che pretende di applicare in maniera meccanica la “selezione naturale” alla specie umana senza considerare come lo sviluppo della socialità abbia costituito nella storia dell’umanità un correttivo di questa “legge naturale” e traducendo ancora il concetto di lotta per l’esistenza in quello di lotta di tutti contro tutti, portando all’idea di un uomo aggressivo e violento per natura. Su questo la CCI ha pubblicato di recente un articolo che è il resoconto di una giornata di discussione di lettori e contatti tenuta a Lille e che invito tutti a leggere perché fornisce ricchi elementi proprio sulla discussione che stiamo sviluppando. Per scaricarlo, basta andare sul sito www.it.internationalism.org e cercare l'articolo "Giornate di discussione a Lille (Francia). Darwin: gli istinti sociali, la morale, la natura umana."
    Bisogna tuttavia cercare di comprendere come sia nata la divisione della società in classi, tema che se ricordo bene ti stuzzica non poco, altrimenti effettivamente si può rimanere con il dubbio che il tutto possa essere stato prodotto dalla prepotenza di qualcuno contro qualcun altro. A tale proposito la rappresentazione che ti propongo è la seguente. All’inizio esisteva una sorta di comunismo primitivo, in cui la divisione del lavoro era pressoché inesistente se non per quanto riguardava le diverse mansioni assegnate all’uomo da una parte e alla donna dall’altra. Questa divisione corrispondeva in qualche modo alle differenze biologiche esistenti tra l’uomo e la donna (maggiore forza fisica nell’uomo, gestazione e allattamento dei figli per la donna, ...). Ma questa divisione non era ancora prevaricazione dell’uno sull’altra, ma semplice complementarietà nelle diverse funzioni. Successivamente, lo sviluppo delle conoscenze e delle pratiche della pastorizia, dell’agricoltura e delle prime forme di artigianato ha cominciato a produrre le prime forme di divisione del lavoro, creando una situazione in cui alcune tribù, in possesso di alcune capacità produttive, venivano ad avere una “forza economica” superiore rispetto ad altre che ne erano sprovviste. E’ questa disparità di condizioni economiche, di produttività che è alla base delle differenze sociali che nel tempo si sono cristallizzate in classi sociali. L’origine della proprietà privata - che costituisce l’approdo di questa dinamica - e tutte le conseguenze che questa comporta a livello di prevaricazioni di una parte di società sull’altra, non corrispondono dunque ad un atto di sopraffazione per un innato istinto predatorio, ma sono la conseguenza dell’evoluzione diseguale della società e soprattutto della penuria in cui storicamente ha vissuto finora l’umanità. Non è un caso che il comunismo, da aspirazione sempre presente nella storia dell’umanità, si presenti come prospettiva realmente realizzabile soltanto nell’epoca del capitalismo maturo, quando cioè il problema della penuria può essere superato una volta per tutte nella misura in cui la società in cui viviamo non è più segnata dalla penuria ma dalla sovrapproduzione assoluta.
    Voglio fare adesso alcune considerazioni sull’altro aspetto della discussione, quello relativo a ciò che qualcuno ha definito clima di rissa nel forum e alle considerazioni sviluppate dall’insieme dei compagni. Effettivamente anche io ho avvertito e avverto un’atmosfera pesante che rende difficile la discussione e che rischia di allontanare non solo dei visitatori occasionali, ma anche gli stessi utenti del forum. Un clima di rissa esiste, ma onestamente non credo di esserne in alcun modo responsabile. Anzi, proprio per prevenire lo sviluppo di qualunque tensione nella discussione, sono intervenuto con discrezione, senza straripare in numero di interventi e dando il tempo di riflettere e di rispondere con calma. Ho anche invitato a fare interventi con meno asserzioni e più argomenti in appoggio alle tesi sostenute per rendere la discussione accessibile a tutti. Infatti sono completamente d’accordo con chi si fa difensore del forum come luogo privilegiato di discussione tra persone che, indipendentemente dalle loro idee politiche, avvertono l’esigenza di confrontarsi.
    Sempre sulla base di questa preoccupazione, in risposta ad interventi contenenti accuse particolarmente pesanti nei miei confronti, ho replicato serenamente arrivando a dire che avrei riconosciuto l’errore del mio ragionamento appena qualcuno mi avesse convinto di ciò, ed ho anche proposto di fermare un attimo la discussione e preparare un incontro ad hoc del gruppo di discussione per affrontare con tutta la calma e la serenità necessarie il problema. Purtroppo questo mio modo di pormi non è riuscito a modificare un approccio che ritengo profondamente sbagliato e che non dovrebbe trovare spazio in un forum come questo, tanto è vero che, seppur indirettamente, si continuano a lanciare frecciate su presunte falsificazioni e manipolazioni nei miei interventi precedenti.
    A questo punto penso dunque che un problema cruciale cui far fronte non sia la presenza di due visioni diverse o il fatto che ci siano dei malintesi, delle incomprensioni, cose del tutto normali all’interno di qualunque discussione, ma quello di quale atteggiamento avere nella discussione con altri compagni. Personalmente ritengo che le accuse di cui sono stato oggetto siano estremamente gravi, non solo perché ledono profondamente la mia dignità politica, ma anche perché tendono ad introdurre tra i compagni il sospetto, il dubbio e tendono quindi ad alimentare proprio quel clima di sfiducia contro cui vogliamo combattere e che tu stessa sottolineavi nel tuo intervento. La presenza di queste cose non solo allontanano chi visita il forum o chi, come probabilmente tua figlia, lo stava seguendo perché interessata all’argomento, ma intaccano anche il clima di fiducia e di solidarietà tra gli stessi compagni che hanno creato il forum. Per questi motivi credo che tutti i compagni dovrebbero sentire la necessità di pronunciarsi su questo problema inteso, lo ripeto ancora, non come un intervento da mediatori o da pacieri tra due “litiganti”, tantomeno per condannare l’uno ed assolvere l’altro, ma per comprendere insieme come difendere questo forum come reale e costruttivo luogo di confronto tra proletari.
    Un saluto a tutti Eduardo

    Bogdanov
    Inviato il: 28/1/2010, 22:09

    “Personalmente ritengo che le accuse di cui sono stato oggetto siano estremamente gravi, non solo perché ledono profondamente la mia dignità politica, ma anche perché tendono ad introdurre tra i compagni il sospetto, il dubbio e tendono quindi ad alimentare proprio quel clima di sfiducia contro cui vogliamo combattere e che tu stessa sottolineavi nel tuo intervento.” (Eduardo)
    Se il compagno Eduardo sente lesa la sua dignità politica, allora spieghi che cosa lo ha autorizzato a deformare la mia esposizione. Di questo non ha affatto parlato, mai. Questa polemica non l’ho certo iniziata io.
    Che vuol dire il compagno Eduardo con “tendono ad introdurre”? a dirla chiara, chi tende ad introdurre che cosa?
    Costretto ad una ulteriore difesa, dire che sono stanco di questo modo di fare è poco. Rinuncio a discutere con chi trasforma una discussione in qualcosa di invivibile.
    Due diversi linguaggi, due diversi tipi di espressione riferibili almeno a due compagni di cui conosco bene la cadenza idiomatica. D’altra parte un confronto degli stili di esposizione tra la mia scomunica e la lettera indirizzata a Iaia rende ben conto delle differenze.
    Un attacco immotivato, condotto con uno stile censorio che ho definito “domenicano”. Infatti più che esporre propri argomenti Eduardo (o devo usare il plurale?) si è solo preoccupato di censurare le mie affermazioni, e poiché non bastava, ha pensato bene di forzare i concetti con aggiunte e deduzioni illecite. Lo scopo, francamente, non l’ho neppure capito, ma nella chiosa alla compagna Iaia un nuovo elemento “tendono ad introdurre” come dire che si tratta non della difesa indignata, questo si, della deformazione dei contenuti della mia esposizione, ma di qualcosa di cospirativo. Mah! Rinuncio anche ad offendermi, a che serve?
    Lo stile lo conosco, molto vicino a quello di alcune sette “marxiste-leniniste”. Ed è quello stile che ha contribuito non poco ad atomizzare tutte le formazioni di sinistra riducendole a pochissimi testimoni.
    Sulla incomprensione del fondamento del pensiero filosofico di Marx che viene fuori dalla difesa tuou-court delle insufficienze filosofiche dell’ultimo Engels ce ne sarebbe da scrivere parecchio. Ma il segreto svelato di questa posizione è che le debolezze di Engels si amplificano in errori di Lenin, pregiudizievoli alla guida di uno stato proletario, fino a precipitare nella ignobile scolastica stalinista. (se i compagni non sono d’accordo, possono tranquillamente processare Rosa Luxembourg, Anton Pannekoek, Karl Korsc, Pierre Neville, ecc.).
    Come si possa credere di poter influire sul processo politico di emancipazione del proletariato avendo un’attrezzatura di pensiero difettosa proprio non lo capisco.
    Se Marx ritenne necessario spendere fatiche ed energie per demolire la filosofia hegeliana, ci sarà pure stata una ragione. Ma questa filosofia, a rovescio, si ripropone negli ultimi scritti di Engels, Lenin in uno dei suoi ultimi articoli propone la fondazione di un gruppo di studio della filosofia hegeliana e Stalin la mistura con i residui della sua formazione religiosa greco-ortodossa.
    Hegel, lo dico con parole mie, sosteneva che ‘lo Stato è Dio in terra’ e si finì con sostenere, di fatto, che ‘il Partito è Dio in terra’. L’hegelismo, non tanto la contraffatta filosofia di Nietzsche, fu il nucleo filosofico dell’hitlerismo e l’hegelismo, non il marxismo, quello dello stalinismo. Risultati: gulag, campi di concentramento, massacri di comunisti e di ebrei in entrambi i casi.
    Ma quando si cerca di mostrare la radice infetta dell’hegelismo, allora si levano gli scudi dell’ortodossia: ha parlato male di Garibaldi. Funziona sempre così. E si cerca di stroncare ogni critica a colpi di maggioranza. Se si fosse votato sui sistemi astronomici al tempo di Copernico, staremmo ancora a credere che il sole gira intorno alla terra (e forse andremmo a far compagnia a Giordano Bruno sul rogo). Se tutto ciò abbia o no importanza … basta capire il rapporto dialettico, quello impostato e definito da Marx e non quello degli epigoni, tra struttura e sovrastruttura.
    Lenin sostenne che: “La gnoseologia è una scienza di partito”. Vediamo se questi due compagni sono d’accordo. Dovrebbero esserlo visto che accettano i presupposti engelsiani di questa affermazione. Che dicano se è così oppure no: perché se la loro risposta è si, allora devono dismettere il loro marxismo, ma se dicono no, allora devono rivedere tutti i loro meccanismi di ragionamento e correggerli in senso marxiano. Non mi aspetto risposte, naturalmente, forse qualche altra illazione.
    Io comprendo benissimo che rimuovere idee anchilosate dalla pedissequa ripetizione di formulari è difficile, e comprendo anche che c’è una preoccupazione di auto-difesa. La verità rappresenta sempre un valore morale, ma anche politico. Alcuni però non la tollerano; ne basterebbe un poco a devastare la maschera imbellettata delle loro identità. Altri devono ingerirla a dosi omeopatiche, affinché la crosta delle auto-censure si rompa per gradi. Non c’è tempo per aspettare i lenti risultati dell’omeopatia politica, la storia prepara una svolta epocale ed il fallimento del capitalismo avanza con velocità sempre maggiore. Affrontare i compiti dei nostri tempi richiede un pensiero saldo e fermo, limpido ed in grado di cogliere il mutare degli eventi. In un clima del genere ogni errore viene amplificato a dismisura e diventa pregiudizio e danno.
    Modificato da Bogdanov - 28/1/2010, 23:21

    “Personalmente ritengo che le accuse di cui sono stato oggetto siano estremamente gravi, non solo perché ledono profondamente la mia dignità politica, ma anche perché tendono ad introdurre tra i compagni il sospetto, il dubbio e tendono quindi ad alimentare proprio quel clima di sfiducia contro cui vogliamo combattere e che tu stessa sottolineavi nel tuo intervento.” (Eduardo)
    Se il compagno Eduardo sente lesa la sua dignità politica, allora spieghi che cosa lo ha autorizzato a deformare la mia esposizione. Di questo non ha affatto parlato, mai. Questa polemica non l’ho certo iniziata io.
    Che vuol dire il compagno Eduardo con “tendono ad introdurre”? a dirla chiara, chi tende ad introdurre che cosa?
    Costretto ad una ulteriore difesa, dire che sono stanco di questo modo di fare è poco. Rinuncio a discutere con chi trasforma una discussione in qualcosa di invivibile.
    Due diversi linguaggi, due diversi tipi di espressione riferibili almeno a due compagni di cui conosco bene la cadenza idiomatica. D’altra parte un confronto degli stili di esposizione tra la mia scomunica e la lettera indirizzata a Iaia rende ben conto delle differenze.
    Un attacco immotivato, condotto con uno stile censorio che ho definito “domenicano”. Infatti più che esporre propri argomenti Eduardo (o devo usare il plurale?) si è solo preoccupato di censurare le mie affermazioni, e poiché non bastava, ha pensato bene di forzare i concetti con aggiunte e deduzioni illecite. Lo scopo, francamente, non l’ho neppure capito, ma nella chiosa alla compagna Iaia un nuovo elemento “tendono ad introdurre” come dire che si tratta non della difesa indignata, questo si, della deformazione dei contenuti della mia esposizione, ma di qualcosa di cospirativo. Mah! Rinuncio anche ad offendermi, a che serve?
    Lo stile lo conosco, molto vicino a quello di alcune sette “marxiste-leniniste”. Ed è quello stile che ha contribuito non poco ad atomizzare tutte le formazioni di sinistra riducendole a pochissimi testimoni.
    Sulla incomprensione del fondamento del pensiero filosofico di Marx che viene fuori dalla difesa tuou-court delle insufficienze filosofiche dell’ultimo Engels ce ne sarebbe da scrivere parecchio. Ma il segreto svelato di questa posizione è che le debolezze di Engels si amplificano in errori di Lenin, pregiudizievoli alla guida di uno stato proletario, fino a precipitare nella ignobile scolastica stalinista. (se i compagni non sono d’accordo, possono tranquillamente processare Rosa Luxembourg, Anton Pannekoek, Karl Korsc, Pierre Neville, ecc.)
    Come si possa credere di poter influire sul processo politico di emancipazione del proletariato avendo un’attrezzatura di pensiero difettosa proprio non lo capisco.
    Se Marx ritenne necessario spendere fatiche ed energie per demolire la filosofia hegeliana, ci sarà pure stata una ragione. Ma questa filosofia, a rovescio, si ripropone negli ultimi scritti di Engels, Lenin in uno dei suoi ultimi articoli propone la fondazione di un gruppo di studio della filosofia hegeliana e Stalin la mistura con i residui della sua formazione religiosa greco-ortodossa.
    Hegel, lo dico con parole mie, sosteneva che ‘lo Stato è Dio in terra’ e si finì con sostenere, di fatto, che ‘il Partito è Dio in terra’. L’hegelismo, non tanto la contraffatta filosofia di Nietzsche, fu il nucleo filosofico dell’hitlerismo e l’hegelismo, non il marxismo, quello dello stalinismo. Risultati: gulag, campi di concentramento, massacri di comunisti e di ebrei in entrambi i casi.
    Ma quando si cerca di mostrare la radice infetta dell’hegelismo, allora si levano gli scudi dell’ortodossia: ha parlato male di Garibaldi. Funziona sempre così. E si cerca di stroncare ogni critica a colpi di maggioranza. Se si fosse votato sui sistemi astronomici al tempo di Copernico, staremmo ancora a credere che il sole gira intorno alla terra (e forse andremmo a far compagnia a Giordano Bruno sul rogo). Se tutto ciò abbia o no importanza…basta capire il rapporto dialettico, quello impostato e definito da Marx e non quello degli epigoni, tra struttura e sovrastruttura.
    Lenin sostenne che: “La gnoseologia è una scienza di partito”. Vediamo se questi due compagni sono d’accordo. Dovrebbero esserlo visto che accettano i presupposti engelsiani di questa affermazione . Che dicano se è così oppure no: perché se la loro risposta è si, allora devono dismettere il loro marxismo, ma se dicono no, allora devono rivedere tutti i loro meccanismi di ragionamento e correggerli in senso marxiano. Non mi aspetto risposte, naturalmente, forse qualche altra illazione.
    Io comprendo benissimo che rimuovere idee anchilosate dalla pedissequa ripetizione di formulari è difficile, e comprendo anche che c’è una preoccupazione di auto-difesa. La verità rappresenta sempre un valore morale, ma anche politico. Alcuni però non la tollerano; ne basterebbe un poco a devastare la maschera imbellettata delle loro identità. Altri devono ingerirla a dosi omeopatiche, affinché la crosta delle auto-censure si rompa per gradi. Non c’è tempo per aspettare i lenti risultati dell’omeopatia politica, la storia prepara una svolta epocale ed il fallimento del capitalismo avanza con velocità sempre maggiore. Affrontare i compiti dei nostri tempi richiede un pensiero saldo e fermo, limpido ed in grado di cogliere il mutare degli eventi. In un clima del genere ogni errore viene amplificato a dismisura e diventa pregiudizio e danno.
    Nota in calce
    Galileo fu perseguitato perchè la Chiesa si riteneva in diritto di stabilire cosa fosse verità ed errore in materia di scienza ed a prescindere dalle prove scientifiche. (lo stesso Papa aveva osservato al cannocchiale astronomico i pianeti medicei e prima di diventare Papa era un sostenitore dell'astronomo, ma non bastò).
    Gli stalinisti, seguendo l'affermazione di Lenin "La gnoseologia è una scienza di partito" (in Materialismo ed empiriocriticismo) pensavano che fosse diritto del partito stabilire quale teoria scientifica fosse vera e quale no. Diverse decine di migliaia di studiosi e ricercatori russi ed ucraini, in pratica tutta la scuola darwinista del'URSS furono sterminati fisicamente per la ragione che Stalin aveva deciso che fosse vero il lamarkismo e non il darwinismo e Lissenko, un biologo lamarkista applicò le sue teorie all'agricoltura provocando una carestia di grano.
    La domanda è semplice: voi pensate che una qualunque entità, religiosa o politica, abbia il diritto decidere, a prescindere dai risultati scientifici, su ciò che è vero o falso nella scienza? Pensate che un voto di maggioranza in organismi del genere possa effettivamente stabilire una verità scientifica?
    Leggo il documento citato da Eduardo ("Giornate di discussione a Lille (Francia). Darwin: gli istinti sociali, la morale, la natura umana."):
    non c’è una scienza borghese o proletaria è detto. Siamo alla metafisica e questa è la più marchiana contraffazione del pensiero dei marxisti.
    Il documento è un groviglio di contraddizioni logico-formali, la sua base è il fraintendimento non soltanto di Darwin ma della lettura che i marxisti (Marx, Pannekoek, ecc.) hanno dato, e dànno, dell'evoluzonismo. Ma solo per notazione, cosa dicevano i marxisti a proposito del fatto che "non c’è una scienza borghese o proletaria"?
    Uno scienziato, che fu il co-fondatore del bolscevismo, scriveva:
    "Dire che il carattere di classe della scienza risiede nella difesa degli interessi di una determinata classe è solo un argomento da libbellista o una falsificazione pura e semplice. In realtà, la scienza può essere borghese o proletaria per sua "natura" stessa, particolarmente per la sua origine, le sue concezioni, i suoi metodi di studio e di esposizione. In questo senso fondamentale, tutte le scienze, sociali o altre, comprese la matematica e la logica, possono avere ed hanno realmente un carattere di classe.". (A.A.Bogdanov in "Cultura proletaria" n.2, Mosca luglio 1918).
    Da allora il pensiero dei marxisti in materia di scienza si è ulteriormente evoluto e perfezionato, fino a riconoscere la necessità di una rifondazione della scienza in senso proletario. Se l'affermazione che la scienza non è né borghese nè proletaria fosse vera, bisognerebbe dimostrare che la sua elaborazione, rielaborazione e sviluppo, in funzione dell'accrescimento dello sfruttamento, è un fatto di progresso e non, come fa capire Marx, che essa viene utilizzata per "strappare l'anima" (Marx) ai proletari sfruttandoli fino ai limiti fisici della sopportazione e oltre.
    Modificato da Bogdanov - 30/1/2010, 08:32

    schwalbe
    Inviato il: 23/2/2010, 04:01

    Ho trovato stimolante la discussione circa la natura umana, cui hanno contribuito diversi compagni ma soprattutto bogdanov ed eduardo.
    Pur avendo riserve sulla nozione di istinto così come la usa bogdanov, vorrei provare a ragionare dall'interno del codice culturale che il compagno ci propone, egli mi perdonerà se per incomprensione delle sua teoria dovessi dare l'impressione di falsificarne delle parti, assicuro di essere mosso da onesto interesse per le sue argomentazioni.
    Bogdanov spiega che gli uomini hanno istinti sia aggressivi sia collaborativi, la società può rinforzare gli uni o gli altri.
    La storia ha rafforzato le tendenze aggressive, ma la collaborazione è insita nella produzione e non sparisce mai dalla società, una opera di educazione può far prevalere gli istinti di collaborazione.
    Non a caso bogdanov cita il comunismo primitivo e vari esempi di società egalitarie frutto di riforme religiose o rivolte di schiavi.
    Il compagno censura l'atteggiamento di chi proietta lo sviluppo fordista sulla storia passata, a questo modo si giustifica una storia millenaria di sofferenze pur di arrivare al presunto tesoro del fordismo.
    Sembrerebbe voglia dire bogdanov che una società più giusta sia sempre possibile nella storia, indipendentemente dal grado di sviluppo dei mezzi di produzione.
    Bogdanov non definisce comunista questa società più giusta, ecco perché non mi sembra poi idealistico il suo ragionamento, vorrei capire però quali possano essere le implicazioni di questa visione, visto che l'interruzione della discussione non ha consentito di svilupparle.
    Forse rischio di forzare il ragionamento del compagno, ma non mi pare che egli necessariamente neghi che la società comunista sia possibile solo con un dato sviluppo delle forze produttive, sembrerebbe forse voler mettere in guardia dal concepire questa come un enorme apparato fordista.
    Mi viene in mente a tal proposito che lenin, sia pure in un contesto particolare, un pò inclinava a questa tesi, mentre bordiga propugnava invece la necesità di forti disinvestimenti, quasi ad evitare che ci si portasse dietro una sorta di feticismo della produzione. Nella struttura psicoistintuale, potrebbe allora intendere bogdanov.
    Eduardo riconduce il discorso sull'importanza dello sviluppo dei mezzi di produzione, mi sembra richiamare che il comunismo non significhi solo una società più giusta che di per sè sarebbe sempre possibile, il comunismo grazie appunto allo sviluppo dei mezzi di produzione libera l'uomo dalla necessità e consente a tutti la piena attuazione delle proprie potenzialità.
    Anche quì rischio di forzare il ragionamento, ma esso così mi sembra tanto materialista nel vedere la coscienza determinata dall'essere sociale quanto dialettico nel propugnare che questa si riappropri del suo contenuto realizzando una sorta di regno della libertà, sì da essere scevro da qualunque tipo di determinismo.
    Le due visioni, o almeno quello che esse mi suggeriscono costruttivamente, possono sembrare confliggenti, ma non sono proprio sicuro che lo siano effettivamente, mi piacerebbe saperne di più dai compagni più direttamente coinvolti, oltre che da tutti gli altri.
    Per ora comprendo solo che nel comunismo l'uso degli strumenti di produzione dovrà essere concepito non solo abolendo profitto salario e denaro ma radicalmente al di fuori delle categorie della antropologia borghese
    P.S
    scrivo queste note facendo il turno di notte, mi riprometto intervenire di nuovo con un più alto quoziente di lucidità
    a presto, Schwalbe
    Modificato da schwalbe - 23/2/2010, 05:49

    Bogdanov
    Inviato il: 23/2/2010, 19:25

    Caro compagno Schwalbe,
    conosco, ed apprezzo, la fatica di scrivere durante i turni di notte per averli fatti per circa 30 anni nei piazzali ferroviari, ed occuparsi di questi problemi alle 4 del mattino e con la stanchezza del lavoro non è uno scherzo.
    Tuttavia il tuo intervento non manca affatto di lucidità. Credo che tu abbia interpretato bene il senso della discussione. Ti rispondo in breve.
    - La nozione di istinto attualmente è riformulata nei termini di “ catene di atti riflessi geneticamente codificati” così come è stata ricavata dallo sviluppo delle conoscenze, da Darwin a noi, in campo etologico, antropologico, genetico, ecc.; uso il termine in questo preciso significato.
    Ma sarebbe utile chiarire perché nell'uomo gli istinti aggressivi e competitivi sono, appunto, istinti, mentre la socialità non è divenuta istinto geneticamente codificato, come, ad esempio, accade invece nelle specie sociali.
    Ciò richiederebbe un pesante intervento in materia di storia naturale che i compagni del forum censurerebbero spietatamente.
    Rimane la domanda implicita del mio intervento e cioè se dobbiamo rassegnarci ad una eredità di natura e non invece sfidarla, tentare di superarla; a meno che, dicendo che l’uomo non è “né buono, né cattivo”, cioè assumendolo come soggetto metastorico, noi neghiamo che la stessa natura umana è oggetto di attiva e cosciente trasformazione da parte dell’uomo.
    - Marx spiegò ciò che era avvenuto nella storia, come essa in realtà abbia funzionato.
    Engels invece cerca le “leggi” della storia, cioè un principio hegeliano nel quale inserire tutte le vicende storiche. Così facendo dà un contenuto teleologico (cioè finalistico) alla storia stessa, per cui, come ha scritto il compagno Eduardo, diventa “necessario” il “sopravvento di classe”.
    Orbene, delle due l’una : o tutte le istanze di comunismo primitivo, contenute nelle innumerevoli rivolte delle classi oppresse, sono antistoriche, prodotte dal cervello collettivo malato delle classi oppresse, oppure esse implicavano una possibilità altra di svolgimento della vicenda umana.
    C’è una cosa che dici che mi sembra di immensa importanza (pratica ed immediata) e cioè “nel comunismo l'uso degli strumenti di produzione dovrà essere concepito non solo abolendo profitto salario e denaro ma radicalmente al di fuori delle categorie della antropologia borghese” (che si accompagna alla citazione della geniale intuizione di Bordiga sul feticismo della produzione). Di questo, se sarà possibile, vale la pena discutere in seguito, a partire dalla critica all’organizzazione capitalistica del lavoro.
    Le due visioni, mia e quella del compagno Eduardo, sono in conflitto? E se è così, cosa confligge contro cosa? Credo che solo il compagno Eduardo sia in grado di risponderti, perché neppure io l’ho ben capito, per così dire, né per quanto riguarda gli argomenti, né per quanto riguarda le finalità del suo intervento al di là del contesto del discorso.

    schwalbe
    Inviato il: 25/2/2010, 19:13

    Caro Bogdanov, trovo effettivamente importante ragionare su questa sorta di "feticismo della produzione" il tema del feticismo in generale è dello stesso Marx, e non mi meraviglia che gli stalinisti lo abbiano sempre censurato.
    Circa i disaccordi, sulla la nozione di istinto tu dici:
    Il contenuto della evoluzione biologica è fondamentalmente di tipo cooperativo ed in piccola parte competitivo.
    A me sembra che pensare una storia naturale che accresca gli istinti cooperativi portando l'umanità alla meta del comunismo, sia un po’ come dire che nel comunismo gli uomini attueranno gli istinti della massima socialità perché così programmati biologicamente, in pratica dei robot.
    Il soggetto proletario cosciente, con la crisi può trasformare la propria condizione materiale sviluppandone le potenzialità immanenti.
    Questo percorso è materialistico e positivo, ma passa per una rottura di tutte le costrizioni ideologiche precedenti e quindi per una affermazione di assoluta autonomia e creatività proletaria che non è riconosciuta nella tua visione storica e nel suo risultato, altrimenti la nozione di istinto si risolverebbe in qualcosa di più simile alla razionalità dell'uomo, o al "vero umanismo della natura, vero naturalismo dell'uomo".
    La conseguenza è che con questa nozione naturalistica di istinto si cade proprio nella dialettica oggettivistica che rimproveri ad Engels, gemella siamese dell'Hegelismo, con tutti i pericoli politici anche da te denunziati.
    Per essere più chiari: Postulare come fai tu la forza degli istinti aggressivi rispetto a quelli cooperativi, e perdipiù dati i tempi biologici, è scoraggiante per i rivoluzionari al pari delle posizioni di Engels o, possibilità siamese.
    Lo scienziato è esterno a tutto il processo storico visto che già lo conosce. Egli avrebbe il compito di implementare dall'esterno addirittura una certa struttura istintuale umana. Noto che certe concezioni della coscienza esterna hanno generato partiti e società nelle quali noi non riusciremmo proprio a riconoscerci.
    Non dico tutte queste cose per non prendere atto della realtà, è che mi rifaccio alla concezione della prassi e della storia del barbuto di treviri, per cui la natura o essenza dell'uomo è l'uomo stesso.
    Cionondimeno condivido con te l'idea che quanti costruiranno il comunismo effettueranno, per dirla con una immagine, una sorta di lavoro di scavo nella propria anima ad eliminare le scorie lasciate dalla pregressa oppressione di classe, in proposito abbiamo già citato una critica delle categorie antropologiche borghesi e del connesso feticismo.
    Proporrei di ragionare su questo mettendo in secondo piano posizioni che risultano ora inconciliabili.
    Modificato da schwalbe - 25/2/2010, 20:40

    Bogdanov
    Inviato il: 25/2/2010, 21:11

    Caro compagno Schwable, evidentemente non mi sono fatto capire.
    Nelle specie sociali, in natura, la socialità è divenuta istinto per selezione genetica. Nell’uomo la socialità si è imposta come necessità di sopravvivenza, ma, operando con meccanismi diversi, non è divenuta istinto, se non per un prolungamento degli istinti parentali che talvolta non giungono aldilà del proprio nucleo familiare, e neppure. Essa è una acquisizione della sua evoluzione psicosociale, quindi esattamente l’opposto del robot biologico perché la sua continuazione richiede un lavoro attivo e cosciente. Il comunismo è l’ambiente sociale nel quale è possibile questo lavoro. Io non trovo affatto scoraggiante questa idea, anzi. Che senso avrebbe un comunismo che non esaltasse la socialità e la cooperazione tra gli uomini? Parafrasando Marx direi che “il problema non è interpretare l’uomo, ma trasformarlo”.
    E proprio perché la socialità non è istinto, la sua costruzione non richiede i tempi paleontologici che invece sarebbero necessari se lo fosse. La trasformazione della condizione materiale, “sviluppandone le potenzialità immanenti”, come tu ben dici, cioè, nella fattispecie, sopprimere costrizioni e culture classiste che hanno impedito il pieno sviluppo della socialità umana, ha effettivamente il potere di orientare i comportamenti degli uomini verso lo sviluppo della socialità.
    In queste potenzialità immanenti io pongo anche e proprio la socialità, la cooperazione, la solidarietà, cioè il contenuto prospettico di una società di liberi lavoratori.
    Se la mia posizione è errata, e con essa è errato tutto il portato delle acquisizioni scientifiche da cui la ricavo, allora si dovrebbero spiegare altrimenti i comportamenti umani, nessuno escluso.
    Ma, sia che essa sia errata, sia che contenga qualche verità, io credo che esiste il problema di interpretare la natura umana dato che è degli uomini che ci occupiamo, degli uomini reali, così come sono. Se la natura o essenza dell’uomo è l’uomo stesso, ed è così, la storia dell’uomo, che è nell’uomo, è il processo mediante il quale si è formata questa essenza, questa natura; ha lasciato dei segni negativi che non possiamo ignorare: dobbiamo affrontarli per quali sono e per quali si manifestano nella pratica sociale. Questo lavoro non riguarda solo gli scienziati, è lavoro politico; non è differibile perché i soggetti politici sono composti da uomini e se un partito che postula il comunismo non esprime, in sé e fuori di sé, il più alto grado di socialità possibile tra i suoi membri, se non diviene esso stesso un fattore di nuova e più elevata socialità, se non comprende che anche i comportamenti dei suoi membri posso incedere, magari senza avvedersene, alla competizione…. ….furono dei comunisti, dei bolscevichi, dei rivoluzionari, gente che aveva dedicato la propria esistenza alla rivoluzione ad essere trascinati dalle circostanze storiche a diventare i carnefici del proletariato dell’URSS e dei loro stessi compagni. Se il comunismo è il passaggio dalla preistoria alla storia, allora perché non dovrebbe esserlo anche per la nostra preistoria di specie? Perché non possiamo sfidare una eredità di natura utilizzando l’immenso potere spirituale di una società senza classi? Scusa se mi sono dilungato.
    Naturalmente sono assolutamente contro ogni idea di “coscienza esterna alla classe” e, per inciso, di “scienza esterna alla classe”, nella posizione del compagno da cui ho preso a prestito questo pseudonimo, A.A.Bogdanov; postulo una “scienza proletaria” che sia in grado di reinterpretare e riorganizzare le conoscenze umane e di continuare il lavoro scientifico al di fuori e contro la scienza borghese, contro il “feticismo della conoscenza” non meno dannoso di quel “feticismo della produzione” a cui si riferiva Bordiga.

    fraccomodino
    Inviato il: 25/2/2010, 22:17

    Intervengo finalmente su questa questione della violenza che merita di essere proseguita perché ha importanti implicazioni sulla prospettiva rivoluzionaria e del comunismo. Spero che si possa arrivare ad una chiarificazione e a questo scopo è importante che si argomentino il più possibile le proprie posizioni e si spieghino gli eventuali cambiamenti di posizione. Mi riferisco per esempio al compagno Lucio, che ha avuto il merito di lanciare questa discussione e che nel suo primo intervento (27/12) sosteneva con forza (è questo il senso di tutto l'intervento) che “Dunque, la violenza non è una questione di malvagità individuale, ma un problema di ordine sociale”, mentre più avanti si è detto d'accordo con Bogdanov che, pur riconoscendo in pieno il carattere di classe della violenza, afferma con altrettanta nettezza che l’uomo ha una natura aggressiva e quindi è naturalmente portato alla violenza e che “la natura predatoria (…) è la quintessenza del dominio di classe” (intervento del 13/01).
    Su questo io non sono d'accordo con Bogdanov e voglio avanzare una serie di argomenti in proposito:
    - innanzitutto io starei attento a fare mie le conclusioni “filosofiche” degli scienziati che spesso tirano, dalle loro scoperte, delle conclusioni generali che sono fortemente influenzate dall’ideologia dominante (nel nostro caso è evidente che è interesse della classe dominante sostenere che la violenza è insita nell’uomo, e questo sia per giustificare la propria violenza di classe, sia per dissuadere dall’idea che un mondo solidale sia possibile, e questo interesse influenza il cervello di molti, anche di scienziati che non sono immuni dall’essere influenzati dall’ideologia borghese, o addirittura, in certi casi, da pregiudizi religiosi);
    - rimanendo invece alle scoperte pure e semplici, mi pare che Bogdanov sia un po’ frettoloso nelle conclusioni che tira dal fatto che l’uomo ad un certo punto diventa cacciatore: egli afferma (spero di non stravolgere il suo pensiero) che una volta diventato cacciatore, l'uomo sviluppa una certa aggressività e che la selezione naturale avrebbe favorito gli individui più aggressivi perché questi avevano più successo nella caccia, si cibavano meglio, sopravvivevano più facilmente e quindi trasmettevano più degli altri i loro geni. A me pare evidente che l’aggressività non c’entri niente, che solo una maggiore forza e/o una maggiore astuzia potevano rendere più efficace una caccia e quindi non i più aggressivi, ma i più forti e i più astuti erano favoriti dalla selezione naturale; a questo va aggiunta la questione (ricordata da Bogdanov) dello sviluppo dell’enzima capace di far digerire ed assimilare la carne, la proteasi, che rendeva favoriti gli individui che sviluppavano una proteasi più efficiente; mi pare quindi, in conclusione, che gli individui favoriti erano innanzitutto quelli che combinavano in sè una maggiore forza e una maggiore astuzia con una maggiore efficacia della proteasi, seguiti da quelli che avevano uno solo di questi elementi: l’aggressività che c'entra?;
    - un altro errore che Bogdanov compie, a mio giudizio, è quando cita il caso dei soldati che vengono fatti ubriacare, o vengono drogati per (se capisco bene) liberare il loro istinto aggressivo; io credo invece che l’esempio dimostri soprattutto il contrario: i soldati non hanno nessuna spinta ad ammazzare e, al contrario, ne farebbero volentieri a meno (perché? se non perché esiste un istinto di specie che spinge a non voler aggredire un altro elemento della stessa specie, se non quando è messa in discussione l'eventuale esistenza individuale), e le droghe servono invece a far perdere lucidità e ad alterare la stessa volontà dell’individuo;
    - detto questo, credo che il materialismo storico abbia dimostrato abbastanza che la violenza è innanzitutto una violenza di classe, esercitata da una classe che, per la posizione che occupa, è portata a sopraffare le altre e, una volta assunto il potere, continua ad esercitare la violenza per poter mantenere il proprio potere; la violenza individuale non sta a monte della violenza di classe, ma a valle: è proprio perché esiste una società divisa in classi, che si basa sulla violenza, che porta anche alla violenza individuale come parte della violenza di classe, o come degenerazione individuale in un mondo comunque basato sulla violenza;
    - se non fosse così dovremmo riconoscere che il comunismo è solo una possibilità tra le altre, che si può raggiungere solo con la buona volontà e che si potrebbe mantenere solo su questa stessa base: se l'uomo è infatti naturalmente portato alla sopraffazione perché, anche dopo il raggiungimento del comunismo, non si potrebbe creare di nuovo una classe, o una casta che si appropri del lavoro degli altri?
    - Marx non conosceva i risultati della ricerca antropologica ed etnologica sviluppati dopo Darwin; conosceva però le varie teorie e visioni che sostenevano che l’uomo ha una natura violenta (tra cui forse la più famosa è quella di Hobbes riassunta nella formula “homo homini lupus” – l’uomo è lupo verso gli altri uomini): perché non ne ha mai fatto cenno? Dove mai troviamo in Marx l’idea che la violenza di classe è il prodotto della natura predatoria dell’uomo?
    Un altro punto su cui non sono d'accordo con Bogdanov è la sua critica ad Engels a proposito dell’Origine della famiglia, ecc. E’ vero, a mio giudizio, che in certe opere Engels forza un po’ la mano, volendo per forza trovare nella realtà fisica e nella storia una conferma ad ogni costo della concezione materialistico-dialettica, ma questo non vuol dire che tutto quello che egli sviluppa sia sbagliato, o meglio, che sia sbagliata la sua impostazione. Dirò di più: quello che Engels dice nell’Origine della famiglia è in perfetta coerenza (al di là di qualche articolazione che potrebbe essere sbagliata) con la concezione materialistica della storia di Marx e sua stessa: la concezione che legge lo sviluppo della storia fin qui vissuta dagli uomini, dopo la perdita del comunismo primitivo, come la successione di regimi classisti che nascevano in riposta ai problemi posti all'umanità e che si imponevano grazie alla loro capacità a dare una risposta positiva a questi problemi (innanzitutto quello della sottoproduzione). In questo senso i vari regimi classisti costituivano un avanzamento, un progresso per l'umanità (nonostante lo sfruttamento di altre classi su cui si basavano). Mi pare evidente che il filo conduttore di Engels nell’origine della famiglia sia quello stesso che Marx sviluppa in altre opere e in splendida sintesi nella Prefazione a Per la critica dell’economia politica.
    Avrebbe potuto la storia svilupparsi in altra maniera? Non lo si può escludere; quello che però, secondo me si può escludere, è che il comunismo si poteva realizzare in qualsiasi momento della storia reale: una cosa è riconoscere che nelle varie fasi storiche c’è sempre stata una aspirazione all’egualitarismo, al comunismo (e che è espressione della volontà di riscatto delle classi sfruttate), altra cosa è dire che queste tendenze potevano vincere in un qualsiasi momento o comunque mantenersi. Mi pare chiaro che Marx dice che il comunismo è oggi possibile per lo sviluppo delle forze produttive che la stessa borghesia è stata capace di realizzare e per la presenza di una classe che ha l’interesse e la capacità di realizzarlo. Marx ha riconosciuto il ruolo progressivo della borghesia (nonostante che essa sia sempre stata una classe sfruttatrice), al punto che è arrivato a sostenere le frazioni progressive della borghesia contro altre; se il comunismo fosse stato sempre possibile, non solo nella storia passata, ma anche nell’ottocento, perché Marx avrebbe dovuto sostenere una frazione borghese (contro un’altra) in qualche preciso momento e situazione storica? Non avrebbe sempre e comunque dovuto sostenere la necessità dello sviluppo rivoluzionario?
    D’altra parte questa posizione è stata sempre quella del movimento operaio a partire da Marx, al punto che questo ne ha fatto addirittura uno schema, per cui in Russia lo stesso partito di Lenin ritarda a capire, nel febbraio, cosa sta succedendo, vittima com’era degli schemi (e di una visione del processo rivoluzionario parcellizzato e non risultato di una situazione mondiale). Lenin, essendo rimasto fedele alla prospettiva rivoluzionaria, si ravvede presto e spinge il partito a cambiare posizione e porsi in prima fila nel processo rivoluzionario; gli opportunisti, allora e dopo, con la scusa di rimanere fedeli agli schemi di Marx tradirono allora, ed hanno continuato a farlo nei decenni successivi.
    P.S.: avevo scritto questo contributo due giorni fa, prima di quest'ultimo scambio fra Bogdanov e Schwalbe: quest'ultimo intervento di Bogdanov mi convince ancora di più nella mia critica alla sua posizione: l'uomo non apparterrebbe a una specie sociale? Lo diceva Aristotele qualche millennio fa e la storia dopo di lui lo ha ampiamente dimostrato, dal momento che la specie umana è stata capace di coordinare la sua attività a livello planetario, anche se la divisione in classi ha impedito che ciò si trasformasse in socializzazione dei mezzi di produzione e dei beni che si producono. Saluti e baci a tutti.
    _____________________
    Manca intervento di Bogdanov postato 36 minuti dopo quello di Fraccomodino e corretto alle 2.40 di notte. Questo intervento è stato poi cancellato e alle 9 di mattina del 26/2 non era più presente. Successivamente, dopo le 14, è riapparso lo stesso messaggio ma in una forma diversa. Di sicuro c’era un passaggio in cui si diceva “Da quale fonte scientifica ha preso fra Comodino queste informazioni?” e una parte importante sul partito che non deve permettere a suoi aderenti di ….

    Bogdanov
    Inviato il: 26/2/2010, 14:31

    Caro compagno Fra’ Comodino, hai tutto il diritto di fare tutte le critiche che ritieni, senza alcun problema.
    Quello che non puoi scrivere è questo: “alla sua posizione: l'uomo non apparterrebbe a una specie sociale?” e questa affermazione mi conferma che ti sfugge l’essenza del discorso così come è stata giustamente rilevata dal compagno Schwable. Questa affermazione è esattamente il contrario di quanto affermo.
    Ti faccio inoltre notare la tua affermazione (categorica): “anche se la divisione in classi ha impedito che ciò si trasformasse in socializzazione dei mezzi di produzione e dei beni che si producono.” che contraddice tutto quanto hai detto a proposito del modo come tu interpreti il materialismo storico.
    Comunque, procediamo per punti. Ciò che Lucio affermava è un idea generale di violenza organizzata nella società borghese, la quale ha, ovviamente dei riflessi negli individui proprio per le ragioni che ho tentato di spiegare. Tentavamo di capire l’origine della violenza quindi la posizione di Lucio è chiarissima e non contiene alcuna contraddizione in quanto si riferiva alla induzione sociale alla violenza generata dalla società borghese; perciò lui dice, giustamente, è un problema sociale, proprio perché la violenza deve essere affrontata in quanto problema sociale. Cercavamo di capire perché sia possibile questa induzione, cioè perché la natura umana risponde allo stimolo di violenza che proviene dalla società borghese. Quindi la tua critica a Lucio è fuori tiro.
    Se vuoi affermare come scrivi che “la violenza individuale non sta a monte della violenza di classe, ma a valle”, dovresti semplicemente dimostrare che le società pre-classiste erano prive di violenza. Attendo questa dimostrazione. Ma ti chiederei anche di spiegare qual è il contenuto comune delle diverse società classiste ed in che cosa, rispetto alla natura umana, si differenziano le loro psicologie. Attendo questa spiegazione.
    Per quanto riguarda il fare attenzione alle “conclusioni filosofiche degli scienziati”, dovresti rivolgere la tua raccomandazione, che condivido, a chi afferma che “la scienza non è né borghese, né proletaria” contro la quale mi sono espresso. Altra cosa sono i risultati scientifici acquisiti. Einstein diceva che "la filosofia senza la scienza è vuota" e non si può rispondere ai problemi posti da questi risultati “commentando come fossero versetti biblici le frasi e le asserzioni che si trovano nelle vecchie opere”, tanto per citare Lucio e Lukàcs insieme. Il marxismo non è una teologia, ma un metodo di lavoro che è possibile continuare solo nella direzione indicata dai suoi fondatori, come ho scritto. Continuare, non congelare. Oppure anche tu pensi che tutto sia stato già detto?
    Quello che non puoi scrivere è: “, ma questo non vuol dire che tutto quello che egli (Engels n.d.r.) sviluppa sia sbagliato”, e questo “tutto” mi conferma che non hai letto quanto ho scritto. Si parlava delle ultime opere di Engels dove cede, filosoficamente, alla teoretica hegeliana, non di tutti i suoi lavori.
    Tu dici: “lo sviluppo della storia fin qui vissuta dagli uomini, dopo la perdita del comunismo primitivo, come la successione di regimi classisti”. Questo è un fatto spiegato da Marx. Engels cerca una legge metastorica che contenga tutta la storia umana e questo è quanto gli contesto. L’errore è più profondo di quanto sembri in quanto Engels tenta di fondare un sistema teoretico-filosofico, mentre Marx liquida, e senza appello, la filosofia teoretico-sistemica. Karl Korsch, giustamente, domanda: “Qual è il rapporto che intercorre tra il marxismo e la filosofia fintantoché questo complesso processo storico non ha ancora raggiunto il suo obiettivo finale, la soppressione della filosofia?”.
    Tu ti chiedi, e giustamente: “Avrebbe potuto la storia svilupparsi in altra maniera? Non lo si può escludere.” Ed quanto in effetti affermavo io. Poi critichi una posizione che io non ho affatto espresso: “quello che però, secondo me si può escludere, è che il comunismo si poteva realizzare in qualsiasi momento della storia reale”. Ho detto invece che la persistenza delle aspirazioni al comunismo primitivo che si sono manifestate in tutta la storia dell’umanità implicavano altre possibilità di progresso per la specie umana.
    Tu dici: “- se non fosse così dovremmo riconoscere che il comunismo è solo una possibilità tra le altre, che si può raggiungere solo con la buona volontà e che si potrebbe mantenere solo su questa stessa base: se l'uomo è infatti naturalmente portato alla sopraffazione perché, anche dopo il raggiungimento del comunismo, non si potrebbe creare di nuovo una classe, o una casta che si appropri del lavoro degli altri?”
    Ora, secondo te, l’uomo è un soggetto in evoluzione oppure no? E la natura umana è suscettibile oppure no all’insieme dell’intorno socio-economico il cui l’uomo è? Se siamo riusciti ad arrivare fino a questo punto, cosa ci impedisce di andare oltre, potendo utilizzare l’ambiente di una società senza classi?
    E veniamo al punto dolente, la storia naturale dell’uomo e la mia presunta “frettolosità. Stabiliamo intanto che una verità scientifica non è una questione di computo di voti, per cui la mia o altre opinioni non contano affatto. Questa storia è stata pazientemente ricostruita in base ai reperti palentologici, per grandi linee s’intende, ma abbastanza chiaramente da permetterne una interpretazione univoca. Può non piacere, allo stesso modo di come non piaceva, ai tempi di Darwin, sapere di essere discendenti di scimmie. Non potevo, va da sé, e non posso, trasferire sul forum tutti gli studi di antropologia strutturale e culturale. Ma, a dirla in breve, la selezione degli individui umani in base alla loro possibilità di reperire cibo nella savana (nella quale erano stati spinti da mutazioni climatiche) è strettamente associata alla loro capacità di procurarselo: carne, sia quella delle carogne sia, sia quella di animali uccisi. Contraporre tra loro adattamenti concorrenti allo stesso scopo, come fai tu tra aggressività e proteasi, non porta da nessuna parte, è fuori scienza. A che sarebbe servita l’acquisizione della proteasi senza carne? Il problema era nutrirsi. Uccidere animali, o altri umani, a colpi di pietra richiede aggressività. La fase predatoria è durata qualche milione di anni, abbastanza per stabilizzare un istinto indispensabile alla sopravivenza.
    Vediamo ora l’esempio della macchina di aggressione, l’esercito. Tu neghi un fatto, e cioè che le sostanze psicotrope scatenino l’aggressività umana. Gli psichiatri dicono che queste sostanze sono “disinibitori”: di che cosa? Cos’è che è inibito e che viene, per così dire “liberato” da queste sostanze? Se “i soldati non hanno nessuna spinta ad ammazzare e, al contrario, ne farebbero volentieri a meno” perché, dopo ubriacature e droga, poi lo fanno, magari anche contro civili inermi? Una compagna mi ha portato un depliant da Auschwitz; forse quelle foto servono più delle parole per indagare sulla natura umana, ma si può anche non guardarle.
    In ultimo, tu dici: “i vari regimi classisti costituivano un avanzamento, un progresso per l'umanità (nonostante lo sfruttamento di altre classi su cui si basavano).” Tutto ciò che la specie umana ha conquistato come conoscenza, scienza e tecnica sono prodotti della socialità ed è la socialità il più grande progresso conseguito dalla nostra specie, una socialità incompleta, incompiuta e tuttavia bastevole a farci raggiungere i livelli di esistenza in cui viviamo. Se non siamo ancora andati oltre nel perfezionamento della nostra socialità è proprio a causa dei regimi di classe e proprio per “lo sfruttamento di altre classi su cui si basavano”. Se quanto tu dici, e che io contesto, è vero, allora è lo sfruttamento di classe il motore del progresso, e questa considerazione giustifica tutti i regimi classisti e le loro violenze.
    Modificato da Bogdanov - 26/2/2010, 15:11

    Bogdanov
    Inviato il: 26/2/2010, 14:31

    Caro compagno Fraccomodino (scusa l'errore di trascrizione precedente), hai tutto il diritto di fare tutte le critiche che ritieni, senza alcun problema.
    Quello che non puoi scrivere è questo: “alla sua posizione: l'uomo non apparterrebbe a una specie sociale?” e questa affermazione mi conferma che ti sfugge l’essenza del discorso così come è stata giustamente rilevata dal compagno Schwable. Questa affermazione è esattamente il contrario di quanto affermo.
    Ti faccio inoltre notare la tua affermazione (categorica): “anche se la divisione in classi ha impedito che ciò si trasformasse in socializzazione dei mezzi di produzione e dei beni che si producono.” che contraddice tutto quanto hai detto a proposito del modo come tu interpreti il materialismo storico. Comunque, procediamo per punti.
    Ciò che Lucio affermava è un idea generale di violenza organizzata nella società borghese, la quale ha, ovviamente dei riflessi negli individui proprio per le ragioni che ho tentato di spiegare. Tentavamo di capire l’origine della violenza quindi la posizione di Lucio è chiarissima e non contiene alcuna contraddizione in quanto si riferiva alla induzione sociale alla violenza generata dalla società borghese; perciò lui dice, giustamente, è un problema sociale, proprio perché la violenza deve essere affrontata in quanto problema sociale. Cercavamo di capire perché sia possibile questa induzione, cioè perché la natura umana risponde allo stimolo di violenza che proviene dalla società borghese. Quindi la tua critica a Lucio è fuori tiro.
    Se vuoi affermare come scrivi che “la violenza individuale non sta a monte della violenza di classe, ma a valle”, dovresti semplicemente dimostrare che le società pre-classiste erano prive di violenza. Attendo questa dimostrazione.
    Ma ti chiederei anche di spiegare qual è il contenuto comune delle diverse società classiste ed in che cosa, rispetto alla natura umana, si differenziano le loro psicologie. Attendo questa spiegazione.
    Per quanto riguarda il fare attenzione alle “conclusioni filosofiche degli scienziati”, dovresti rivolgere la tua raccomandazione, che condivido, a chi afferma che “la scienza non è né borghese, né proletaria” contro la quale mi sono espresso. Altra cosa sono i risultati scientifici acquisiti. Einstein diceva che "la filosofia senza la scienza è vuota" e non si può rispondere ai problemi posti da questi risultati “commentando come fossero versetti biblici le frasi e le asserzioni che si trovano nelle vecchie opere” , tanto per citare Lucio e Lukàcs insieme. Il marxismo non è una teologia, ma un metodo di lavoro che è possibile continuare solo nella direzione indicata dai suoi fondatori, come ho scritto. Continuare, non congelare. Oppure anche tu pensi che tutto sia stato già detto?
    Quello che non puoi scrivere è: “, ma questo non vuol dire che tutto quello che egli (Engels n.d.r.) sviluppa sia sbagliato”, e questo “tutto” mi conferma che non hai letto quanto ho scritto. Si parlava delle ultime opere di Engels dove cede, filosoficamente, alla teoretica hegeliana, non di tutti i suoi lavori.
    Tu dici: “ lo sviluppo della storia fin qui vissuta dagli uomini, dopo la perdita del comunismo primitivo, come la successione di regimi classisti”. Questo è un fatto spiegato da Marx. Engels cerca una legge metastorica che contenga tutta la storia umana e questo è quanto gli contesto. L’errore è più profondo di quanto sembri in quanto Engels tenta di fondare un sistema teoretico-filosofico, mentre Marx liquida, e senza appello, la filosofia teoretico-sistemica. Karl Korsch, giustamente, domanda: “Qual è il rapporto che intercorre tra il marxismo e la filosofia fintantoché questo complesso processo storico non ha ancora raggiunto il suo obiettivo finale, la soppressione della filosofia?”.
    Tu ti chiedi, e giustamente: “Avrebbe potuto la storia svilupparsi in altra maniera? Non lo si può escludere.” Ed quanto in effetti affermavo io. Poi critichi una posizione che io non ho affatto espresso:” quello che però, secondo me si può escludere, è che il comunismo si poteva realizzare in qualsiasi momento della storia reale”. Ho detto invece che la persistenza delle aspirazioni al comunismo primitivo che si sono manifestate in tutta la storia dell’umanità implicavano altre possibilità di progresso per la specie umana.
    Tu dici: “- se non fosse così dovremmo riconoscere che il comunismo è solo una possibilità tra le altre, che si può raggiungere solo con la buona volontà e che si potrebbe mantenere solo su questa stessa base: se l'uomo è infatti naturalmente portato alla sopraffazione perché, anche dopo il raggiungimento del comunismo, non si potrebbe creare di nuovo una classe, o una casta che si appropri del lavoro degli altri?”
    Ora, secondo te, l’uomo è un soggetto in evoluzione oppure no? E la natura umana è suscettibile oppure no all’insieme dell’intorno socio-economico il cui l’uomo è? Se siamo riusciti ad arrivare fino a questo punto, cosa ci impedisce di andare oltre, potendo utilizzare l’ambiente di una società senza classi?
    E veniamo al punto dolente, la storia naturale dell’uomo e la mie presunta “frettolosità. Stabiliamo intanto che una verità scientifica non è una questione di computo di voti, per cui la mio o altre opinioni non contano affatto. Questa storia è stata pazientemente ricostruita in base ai reperti palentologici, per grandi linee s’intende, ma abbastanza chiaramente da permetterne una interpretazione univoca. Può non piacere, allo stesso modo di come non piaceva, ai tempi di Darwin, sapere di essere discendenti di scimmie. Non potevo, va da sé, e non posso, trasferire sul forum tutti gli studi di antropologia strutturale e culturale. Ma, a dirla in breve, la selezione degli individui umani in base alla loro possibilità di reperire cibo nella savana (nella quale erano stati spinti da mutazioni climatiche) è strettamente associata alla loro capacità di procurarselo: carne, sia quella delle carogne sia, sia quella di animali uccisi. Contraporre tra loro adattamenti concorrenti allo stesso scopo, come fai tu tra aggressività e proteasi, non porta da nessuna parte, è fuori scienza. A che sarebbe servita l’acquisizione della proteasi senza carne? Il problema era nutrirsi. Uccidere animali, o altri umani, a colpi di pietra richiede aggressività. La fase predatoria è durata qualche milione di anni, abbastanza per stabilizzare un istinto indispensabile alla sopravivenza.
    Vediamo ora l’esempio della macchina di aggressione, l’esercito. Tu neghi un fatto, e cioè che le sostanze psicotrope scatenino l’aggressività umana. Gli psichiatri dicono che queste sostanze sono “disinibitori”: di che cosa? Cos’è che è inibito e che viene, per così dire “liberato” da queste sostanze? Se “i soldati non hanno nessuna spinta ad ammazzare e, al contrario, ne farebbero volentieri a meno” perché, dopo ubriacature e droga, poi lo fanno, magari anche contro civili inermi?
    Una compagna mi ha portato un depliant da Auschwitz; forse quelle foto servono più delle parole per indagare sulla natura umana, ma si può anche non guardarle.
    In ultimo, tu dici: “i vari regimi classisti costituivano un avanzamento, un progresso per l'umanità (nonostante lo sfruttamento di altre classi su cui si basavano).” Tutto ciò che la specie umana ha conquistato come conoscenza, scienza e tecnica sono prodotti della socialità ed è la socialità il più grande progresso conseguito dalla nostra specie, una socialità incompleta, incompiuta e tuttavia bastevole a farci raggiungere i livelli di esistenza in cui viviamo. Se non siamo ancora andati oltre nel perfezionamento della nostra socialità è proprio a causa dei regimi di classe e proprio per “lo sfruttamento di altre classi su cui si basavano”. Se quanto tu dici, e che io contesto, è vero, allora è lo sfruttamento di classe il motore del progresso, e questa considerazione giustifica tutti i regimi classisti e le loro violenze.
    Modificato da Bogdanov - 27/2/2010, 21:48

    lucio spartaco
    Inviato il: 27/2/2010, 09:54

    Intervengo per notare anzitutto che il ragionamento del compagno Bogdanov non fa una piega, essendo ispirato da una logica seria e rigorosa. Confermo, come ho già avuto modo di sostenere, che la mia idea del marxismo è "ortodossa" solo in virtù dell'accettazione del metodo di indagine adottato, vale a dire la dialettica storico-materialistica, che è una dialettica scientifica e rivoluzionaria. Dunque, intendo l'ortodossia non nel senso di un'adesione acritica e dogmatica alle concezioni di Marx, Engels e dei loro epigoni, in quanto una vera scienza è in costante e necessaria evoluzione rispetto ai risultati già acquisiti.
    Lo stesso György Lukács (il cui illustre nome è stato immeritatamente accostato al sottoscritto dal compagno Bogdanov), ereditando e sviluppando una posizione di Rosa Luxemburg, scriveva (in "Storia e coscienza di classe" del 1922) che in materia di marxismo l’ortodossia si riferisce al metodo, cioè la dialettica, ma non al sistema dottrinario, per cui il "marxismo ortodosso" non è "un "atto di fede" in questa o in quella tesi di Marx, e neppure l’esegesi di un libro "sacro". Invece, l'ortodossia marxista consiste nella "convinzione scientifica che nel marxismo dialettico si è scoperto il corretto metodo della ricerca, che questo metodo possa essere potenziato, sviluppato e approfondito soltanto nella direzione indicata dai suoi fondatori."
    Pertanto, un approccio corretto verso il marxismo deve tradursi in un atteggiamento di apertura e confronto critico (da non confondere con l'eclettismo) rispetto ai contributi di analisi e ricerca provenienti da altre preziose discipline scientifiche quali, ad esempio, la biologia, l'antropologia strutturale e culturale, e via discorrendo.
    Premesso che mi ritrovo (ancora una volta) con le riflessioni del compagno Bogdanov rispetto alla questione della storia e della natura umana, vorrei ribadire e chiarire meglio un punto importante della discussione sviluppata finora. Mi riferisco al pensiero di "Engels senza Marx", a quelle che sono state giustamente definite come le "debolezze filosofiche" accusate da Engels in tarda età, esattamente dopo la morte dell'amico Karl.
    Fu proprio Lukács a formulare una critica molto severa delle "debolezze filosofiche" engelsiane, ossia dello scimmiottamento di Hegel da parte di Engels. Infatti, la separazione operata tra metodo dialettico marxiano e scienze della natura spinge Lukács a criticare il tentativo compiuto da Engels (nelle ultime opere della sua vita, già citate in varie occasioni su questo forum) di applicare il metodo dialettico alla scienza della natura: "nella conoscenza della natura non sono presenti le determinazioni decisive della dialettica: l'interazione tra soggetto e oggetto, l'unità di teoria e prassi, la modificazione storica del sostrato delle categorie (economiche) come base della loro modificazione nel pensiero". Engels incorre in questo errore o, se si preferisce, in questa "debolezza", "seguendo il falso esempio di Hegel", la cui impostazione teoretica era stata rovesciata e liquidata, "senza appello" (come rileva giustamente il compagno Bogdanov), da Marx (e dallo stesso Engels) molti anni addietro.
    Infatti, già nella "Sacra famiglia o Critica della critica critica", un pamphlet satirico scritto da Marx ed Engels nel settembre 1844, si legge: "mentre l'uomo comune sa di non dire nulla di straordinario dicendo che ci sono mele e pere, il filosofo [hegeliano, speculativo], quando esprime queste esistenze in modo speculativo, ha detto qualcosa di straordinario. Ha compiuto un miracolo, ha prodotto dall'essere intellettuale irreale il frutto gli esseri naturali reali, la mela, la pera ecc.; cioè dal suo proprio intelletto astratto, che egli si rappresenta come un soggetto assoluto esistente fuori di sé, che egli si rappresenta qui come il frutto, ha creato queste frutta e in ogni esistenza che esprime, egli compie un atto creativo [...] dichiara la sua propria attività, mediante la quale egli passa dalla rappresentazione mela alla rappresentazione pera, essere l'autoattività del soggetto assoluto, del frutto. Quest'operazione si chiama, con espressione speculativa: concepire la sostanza come soggetto, come processo interno, come persona assoluta, e questo concepire forma il carattere essenziale del metodo hegeliano."...
    Modificato da lucio spartaco - 27/2/2010, 14:41

    Edited by stefanot - 18/3/2010, 18:31
     
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