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Lotte operaie in TURCHIA

La lotta degli operai della Tekel

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  1. Eduardo20
     
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    Questa è la presentazione fatta a Sesto S. Giovanni, Milano, il 6 luglio scorso, da un operaio della Tekel sulle lotte che si sono prodotte in Turchia, di fronte ad una delegazione di lavoratori della INNSE di Lambrate. Questo incontro tra delegazioni della Tekel e della INNSE fa parte di un tour che questo operaio della Tekel ha fatto in Europa per far conoscere le lotte condotte dagli operai in Turchia e per trasmettere il forte messaggio di fratellanza e di solidarietà di cui queste lotte sono state espressione. Poiché io ho avuto l’occasione di partecipare a questo incontro, ho preso meticolosamente delle note nell’ottica di poter a mia volta cercare di diffondere il messaggio di lotta che questo compagno ha voluto trasmettere. Riporto questa presentazione sotto la mia personale responsabilità (non è stata rivista dal compagno che l’ha presentata per ragioni pratiche – difficoltà di contatto, di lingua …), ma essa è in parte garantita dall’articolo che è pubblicato in questa stessa pagina e che è stato scritto dalla stessa persona fisica e che tratta dello stesso argomento. Mi rendo conto che non tutti i passaggi sono chiarissimi, ma preferisco riportarli così come li ho trascritti, piuttosto che manipolarli rischiando di falsificare il messaggio che vi era contenuto. A presto, Eduardo

    Presentazione sulla lotta degli operai della Tekel all’incontro tra un operaio della Tekel e il comitato “Giù le mani dalla INNSE” a Milano

    Operaio Tekel: vengo dal Kurdistan dove 50.000 persone sono state uccise, 17.000 persone sono state fatte fuori da forze sconosciute. Molti paesi sono stati bruciati. Porto il saluto dei lavoratori del Kurdistan a tutti voi. La lotta è iniziata nel 2000. Anche prima c’erano manifestazioni in molte città. Prima ci sono state riunioni centrali a Istambul e ad Ankara di operai di varie città. Il fatto che fossero manifestazioni di 1 giorno non ha destato interesse in nessuno. Per esempio nel paese in cui abito, di 150.000 persone, abbiamo organizzato riunioni di 40.000 persone. La privatizzazione della Tekel è cominciata nel 2000, il settore alcool è stato privatizzato nel 2007. Abbiamo occupato le fabbriche di alcool, i sindacati si sono messi in moto per imbrogliare i lavoratori. Il tabacco è stato privatizzato nel 2008, nel 2009 questo reparto era chiuso definitivamente e la Tekel era finita. Una parte degli operai volevano fare qualcosa, ma altri frenavano. Ma quando il primo ministro ha insultato gli operai, allora anche quelli che frenavano si sono messi in moto. La Turchia è un paese islamico e l’insulto era di dire che i lavoratori non lavoravano e mangiavano a sbafo a spese degli orfani. La manovra del governo era di evitare che altri operai arrivassero a sostenere la lotta. Ma l’effetto fu che anche gli operai esitanti alla fine vennero in sostegno della lotta. La prima cosa che si è vista è la dimissione degli operai dal partito di governo. Tutti hanno salutato le loro famiglie, hanno preso le coperte e sono partiti per Ankara. Siamo partiti il 14 dicembre. La polizia ha bloccato noi curdi per 5 ore dicendo che mentre gli operai turchi potevano entrare in città, gli operai curdi non potevano farlo. Ma gli operai di origine turca sono stati molto corretti e hanno detto che senza i curdi non sarebbero entrati neanche loro. E questo è il primo principio che si è affermato nella lotta. Il primo giorno siamo andati all’edificio principale di Ankara e la polizia ci ha attaccato cercando, senza riuscirci, di disperderci. Abbiamo rifiutato di andare via e siamo andati in un centro sportivo. Eravamo 8000. Abbiamo dormito per terra. La mattina abbiamo dovuto rompere le porte per uscire perché le avevano bloccate. La polizia voleva portare via gli operai con gli autobus. Poi ci hanno attaccato un’altra volta. A causa di questo attacco gli operai erano divisi in due gruppi. Metà sono andati alla sede dell’AKP e un’altra altrove. La polizia ha detto agli uni che gli altri volevano andare a casa, ma non ci abbiamo creduto.
    INNSE: ma quanti poliziotti c’erano?
    Operaio Tekel: tre volte il nostro numero all’incirca. Abbiamo parlato al telefono con altri gruppi facendo presente la necessità di riunirci. Il gruppo davanti all’edificio dell’AKP voleva spostarsi nel parco. Pioveva e uno spostamento di 10 minuti è stato trasformato in un viaggio di 5 ore. Pensavano di scoraggiarci, ma siamo riusciti a unirci all’altro gruppo. Pioveva, ma abbiamo dormito nel parco riparandoci dalla pioggia con le buste di plastica della spazzatura. La polizia ci ha minacciato e di pomeriggio ci ha attaccato con idranti, peperoncino e manganelli. Molti operai sono stati feriti e ce ne sono alcuni che ancora adesso soffrono per le ferite riportate in questa occasione. Dopo tre giorni alcuni operai hanno cominciato ad avvertire segni di irritazioni cutanee e si è pensato che la polizia avesse potuto usare qualche sostanza chimica irritante nell’acqua degli idranti. Ma più tardi la stampa ha scoperto che il motivo era che l’acqua usata dagli idranti era acqua di fogna e la polizia è stata costretta ad ammetterlo. In seguito agli attacchi della polizia ci sono stati anche dei dispersi nei vari quartieri della città. Ma gli operai militanti hanno detto agli altri di raggrupparsi davanti alla sede centrale del sindacato e così abbiamo fatto. Quando i sindacati hanno visto che la polizia non riusciva a fermarci, hanno cercato di mandarci a casa loro dividendoci per città. Però gli operai hanno detto che erano venuti ad Ankara per restare. Allora abbiamo capito che il sindacato avrebbe chiamato la polizia, così 200 operai sono andati ad occupare la sede del sindacato. Il sindacato ha pensato che avremmo continuato a discutere tra di noi, per cui quando abbiamo occupato la sua sede è rimasto scioccato.
    Dopo l’occupazione i sindacalisti avevano paura e hanno deciso di fare una riunione straordinaria e hanno indetto uno sciopero di 1 ora ogni venerdì per 4 venerdì, ma è stato fatto solo una volta e poi è stato annullato.
    Era inverno, abbiamo cominciato a recuperare cose di plastica per coprirci, poi abbiamo recuperato delle stufe per scaldarci. Abbiamo messo su una vera tendopoli di fronte alla sede del sindacato con finanche dei televisori ed altre cose. Siamo stati lì per 78 giorni e siamo stati capaci di reggere tanto tempo grazie alla solidarietà della gente. Per 20 anni non ci sono state molte lotte in Turchia e prima che scoppiassero le lotte della Tekel, se una persona veniva licenziata non c’era niente da fare. Avevamo raggiunto tra di noi un’unità molto forte. Eravamo così uniti che gli uomini hanno dimenticato di essere uomini e le donne di essere donne. Per un paese islamico una donna non può mangiare con gli uomini, per questo può rischiare la morte, ma in questo caso non è stato così. Uomini e donne hanno dormito assieme, appoggiati l’uno all’altro, laddove questo in altre occasioni sarebbe stato assolutamente proibito.
    INNSE: c’è una differenza tra uomini e donne?
    Operaio Tekel: si. Ad esempio i luoghi dove si prende il te sono separati per gli uomini e le donne. Lo Stato ha cercato di mettere operai turchi e operai curdi gli uni contro gli altri, ma non ci sono riusciti. La lotta ha mostrato che non c’è differenza tra gli uni e gli altri. Dovunque si trovi, un operaio è un operaio. Questa è una cosa che dobbiamo sottolineare. La lotta deve essere per forza internazionale. La lotta della Tekel o della INNSE da sole non bastano. Gli Operai stavano spingendo i sindacati a non limitare il numero di persone che avrebbero partecipato alla manifestazione. Quando gli operai Tekel sono andati alla manifestazione, hanno trovato davanti al palco altri operai di altri settori con funzione di cuscinetto protettivo. Noi volevano uno sciopero generale in Turchia, ma il capo sindacale ha fatto un discorso filogovernativo. Quando abbiamo visto che la parola d’ordine dello sciopero generale non era stata ripresa, abbiamo superato le transenne e siamo saliti sul palco. Chi stava parlando è dovuto scappare. 200 persone hanno occupato l’edificio del sindacato. Abbiamo cercato il capo del sindacato che, con i contributi strappati a noi operai, prende uno stipendio di 25.000 euro, ha una macchina da 75.000 euro che neanche il primo ministro si può permettere. Lui si comporta come un capo di Stato e se lo avessimo trovato gli “avremmo fatto qualche domanda”.
    Abbiamo ricevuto solidarietà dal Kurdistan, dalla Turchia, dall’Europa e dagli USA. Non abbiamo ricevuto niente del sostegno inviatoci tramite sindacato, ma solo quello fornito direttamente agli operai. C’erano le donne che portavano cibo e coperte. Il governo ci ha minacciato ogni giorno dicendo che dovevamo lavorare secondo il 4C, se non volevamo perdere il lavoro. 600 euro per un lavoro a tempo pieno. Questa legge dice che potevamo lavorare da 3 a 10 mesi l’anno per 350€. Sono strane le leggi in Turchia se uno pensa che, in caso di morte, alla vedova viene garantito un sussidio di ben 700€ al mese a vita. Come dire che un operaio vale più da morto che da vivo.
    INNSE: ma adesso la produzione è ferma?
    Operaio Tekel: una volta c’erano 15 fabbriche di alcool, 12 di tabacco, 42 di sigarette. Adesso sono rimaste solo due fabbriche, ma con altri operai. Lo Stato adesso vuole mandare i vecchi operai a lavorare in altre fabbriche utilizzando la legge del 4C. Invece gli operai lottano per mantenere le vecchie condizioni di lavoro.
    INNSE: ma perché hanno chiuso queste fabbriche?
    Operaio Tekel: lo Stato serve gli interessi del capitale. Per cui il governo chiude le fabbriche per riaprirle altrove dove la forza lavoro costa di meno. Nel 2009 il consumo di sigarette era di 15 miliardi di $.
    INNSE: c’è stata una pubblicizzazione di queste lotte da parte dei mass-media?
    Operaio Tekel: solo una parte della stampa ha pubblicato notizie sugli scioperi. A causa del sostegno della stampa comunque gli scioperi erano noti in tutta la Turchia e forse in tutto il mondo. Ma anche parlando degli scioperi la stampa non ha riportato tutto. La stampa ha mostrato la sofferenza degli operai sotto la pioggia, ma non ha parlato degli atti di solidarietà. Il fatto che gli operai turchi hanno ripetutamente detto alla stampa che se avevano retto per tanto tempo era stato proprio grazie alla solidarietà non è stato mai riportato. Abbiamo ricevuto un grande sostegno da parte di tutta la Turchia. Per esempio c’era un operaio in pensione che ha portato tutti i suoi soldi (350€) in sostegno, ma gli operai glieli hanno restituiti perché quello era tutto quello che lui aveva. Il giorno dopo lo stesso pensionato è tornato con tanti viveri comprati con quei soldi che il giorno prima non avevamo voluto accettare. Le donne preparavano tanto cibo. C’erano studenti che hanno offerto ospitalità, che ci hanno permesso di fare docce, ecc …
     
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1 replies since 20/7/2010, 23:47   179 views
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